La prima considerazione che intendo fare è riguardo il regista. Steven Spielberg rimane, nel bene o nel male, uno dei più significativi registi degli ultimi 40 anni. Un mio caro amico mi ha sempre detto che Spielberg ha iniziato a scendere di qualità dopo ET (1982) e tutto ciò che viene dopo è roba mediocre o tutto materiale fatto per soddisfare l’Academy. Io ritengo che l’ultimo grande film da lui diretto è Jurassic Park (1993), ma questa è anche un’altra storia. I predatori dell’arca perduta è quindi stato concepito nell’epoca d’oro di Spielberg, sia secondo il mio punto di vista che di quello del mio amico. Dopo la grande ammirazione nei confronti di Guerre Stellari (1977), Spielberg dà il via un sodalizio professionale e basato su grande rispetto con George Lucas, il quale stava da molto tempo pensando alla creazione di un personaggio dedito all’archeologia con il pallino dell’avventura e grande conoscitore di lingue antiche, di miti, di leggende e di storia di popoli. George Lucas è stato da sempre affascinato da 007, l’intramontabile personaggio nato dalla penna di Ian Fleming, e voleva riproporre un suo “lontano parente” in chiave più fantastica ed avventurosa. Inizialmente venne considerato Tom Selleck, all’epoca ancora non il mitico Magnum P.I., il quale fece numerosi provini con la già assunta Karen Allen. Lucas però voleva Harrison Ford che stava lavorando alla produzione di Blade Runner (1982) ed aveva appena terminato le riprese de L’impero colpisce ancora (1980). Alla fine Ford accettò con grande entusiasmo, anche perchè un duo di geni come Lucas e Spielberg sarebbe stato quasi certamente un successo ed un film inattaccabile dalla critica. Dal 1981 ad oggi sono passati 36 anni e I predatori dell’arca perduta è stato inserito fra i film più belli di sempre e al 38° posto nella Top250 di IMDB. Le riprese di questa colonna portante del cinema d’avventura iniziarono il 23 giugno del 1980 in diversi luoghi del mondo, terminando a settembre dello stesso anno.
Nel tentativo di recuperare un’antica statuetta d’oro in un tempio immerso nella giungla peruviana nel 1936, il professor Henry Jones jr. detto “Indiana”, viene tradito dai suoi accompagnatori e poi dalla sua guida, che comunque muore uccisa dai trabocchetti del tempio. Il cimelio finisce nelle mani dell’archeologo Belloq, il quale tanta di uccidere il suo collega-avversario con la ferocia del popolo indigeno del luogo. Tuttavia Indiana Jones riesce a scamparla e fugge con un aereo guidato da un suo amico. Tornato a mani vuote nell’università dove insegna, viene convocato dal suo amico e superiore Marcus Brody (Denholm Elliot) poiché la CIA è venuta a conoscenza che i nazisti stanno cercando insistentemente l’Arca dell’Alleanza, fortemente voluta da Hitler. Gli agenti dell’Intelligence hanno bisogno dell’aiuto del professore per recuperare prima dei nazisti l’Arca evitando che il reich possa puntare a dominare il mondo. Jones risponde che la persona più a conoscenza dei segreti e possessore di un medaglione, chiave del mistero di dove sarebbe sepolta l’Arca è il suo vecchio collega Abner Ravenwood. Cosicché Jones parte per il Nepal dove crede che l’uomo si sia rifugiato ma trova solo sua figlia Marion (Karen Allen), da sempre innamorata di lui e viene a sapere che Abner è morto. L’arrivo quasi immediato dei nazisti fa capire che la caccia all’Arca è appena iniziata…
Indiana Jones oltre ad essere stato un personaggio dell’infanzia di tantissimi ragazzi è sopratutto garanzia di grande cinema come si faceva una volta: I predatori dell’arca perduta è il primo di quella che fino ad ora è una quadrilogia (l’ultimo film vale qualitativamente un terzo di questo) e rappresenta un vero modello del genere avventura. Come per Ritorno al futuro (1985), vale la storia che chi non lo avesse mai visto è una persona che invidio in modo infinito. I predatori dell’arca perduta è un giocattolone divertentissimo, un piatto dove si possono gustare numerosi sapori: ci sono momenti romantici, momenti di adrenalina pura, scene orrorifiche di grande impatto e azione a profusione. Scenograficamente impeccabile, con le muische di John Williams che vantano di una straordinaria overture nel più classico stile spielberghiano, una fotografia di Slocombe che è basilare per chi fa quel mestiere e soprattutto attori divertenti e divertiti, in cui spicca su tutti un Harrison Ford in stato di grazia.
★★★★☆
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