C’è una sorta di scissione fra i fans del ragioniere più famoso di tutti i tempi: c’è chi dice che il primo Fantozzi è l’unico ed inimitabile, e raro caso in cui il film sorpassa il libro a cui si è ispirato, e chi invece è convinto che il secondo film è più divertente del primo. Anche se la risposta alla fine può essere data probabilmente solo grazie alla scelta dei propri gusti, io sono del parere che almeno i primi tre film sono fra le commedie tragi-comiche più divertenti del cinema italiano, al livello de “La banda degli onesti”, “Amici Miei” e “Febbre da cavallo”. Già, perchè finche il ragionier Ugo Fantozzi ha potuto contare sulla presenza dei suoi due colleghi, il ragionier Filini (Gigi Reder) e il geometra Calboni (Giuseppe Anatrelli), i film risultavano essere molto goliardici nella loro capacità di emulare la vita vera del comune impiegato e del suo rapporto con direttori e mega presidenti galattici e così via. Ad ormai quarantadue anni dalla sua prima apparizione, Ugo Fantozzi è diventato più che un modello da (non) seguire, un simbolo umano dell’Italia del dopoguerra, rapida e cinica, truffatrice e sorniona. Il primo Fantozzi del 1975, regia di Luciano Salce, non è soltanto riuscito a presentare in modo egregio i personaggi in meno di venti minuti, la moglie Pina, l’orrenda figlia Mariangela, i colleghi Filini, Calboni e Silvani, ma è stato capace di rendere molto più divertenti le gag del povero impiegato rispetto al libro scritto sempre da Paolo Villaggio. Dalla drammatica corsa per timbrare il cartellino, ai funerali degli organi aziendali, dalla gita in barca per pescare fino alla partita a stecca con il potente direttore Catellani, dalla scena della dieta in una specie di carcere alla settimana bianca a Courmayeur, per poi terminare il tutto davanti alla presenza quasi astratta del mega presidente galattico. Le (dis)avventure del ragionier Fantozzi coinvolgono anche i suoi colleghi, dalla cafona signorina Silvani, all’organizzatore di eventi Filini, passando per il più leccaculo Calboni, tutti questi personaggi anche se meno sfortunati di Fantozzi non riescono ad evitare tutti gli ostacoli della cinica società.
Il secondo film, sempre diretto da Salce, continua a raccontare tutte queste storie potendo contare sugli stessi attori, divertenti e divertiti, e riuscendo ad apparire anche più divertente con quel tot di estremizzazione di alcune gag (vedi le apparizioni dei santi o la scena della scogliera a Capri). Alcune scene sono memorabili: la doppia visione del pesantissimo “La corazzata Kotionkin” mentre l’Italia di Bearzot gioca la più grande partita di tutti i tempi contro l’Inghilterra fa ancora sganasciare dalle risate, la scena della caccia è talmente piena di battute ed episodi tragicomici che possono anche essere sufficienti.
Il terzo film “Fantozzi contro tutti” cambia alcune cose dai precedenti: alla regia ecco l’esordiente Neri Parenti assistito da Paolo Villaggio (sua unica regia), non c’è Anna Mazzamauro (sconosciuti fino ad oggi i motivi) e Liù Bosisio viene sostituita dalla bravissima Milena Vukotic. Questo film sarà l’ultimo film in cui recita Giuseppe Anatrelli, il geometra Calboni, scomparso a soli 56 anni per un infarto. Il look del ragionier Fantozzi è più disordinato rispetto a prima, capelli più lunghi e visibilmente imbiancati: non mancano le scene divertenti anche quì, la settimana bianca a maggio, la dieta del dottor Birkenmayer e soprattutto la mitica Coppa Cobram, in cui i nostri eroi si sfidano in una tragica corsa ciclistica aziendale con conseguenza esilaranti. Il film però soffre per alcune scene evitabili: quella della barca con Filini e Barambani (Camillo Milli) è piuttosto stupida come quella della presunta relazione della moglie con il panettiere Cecco (Diego Abatantuono).
Fantozzi subisce ancora , quarto film della serie, è il primo di sei film diretti da Neri Parenti, ma il cambio alla regia, la ripetizione di alcune scene già viste, la mancanza di Anatrelli sostituito da un impacciatissimo Riccardo Garrone, fanno precipitare qualitativamente il prodotto di molti punti. Di scene divertenti non se ne conta nessuna, dispiace solo per Milena Vukotic la migliore del cast. Sicuramente è il più brutto dei Fantozzi negli anni ’80.
Superfantozzi è un fuori serie, dato che racconta le disavventure più del Fantozzi uomo che ragioniere nel corso della storia, attraverso secoli e con uno sguardo al futuro. Torna Liù Bosisio, solo per questo episodio, e alcune scene sono molto divertenti: quella di Excalibur e quella dello scontro pre-partita con i tifosi scozzesi su tutte. La nemesi di Fantozzi è interpretata da Luc Merenda, storico volto dei poliziotteschi anni ’70. Film mediocre ma non da buttare via.
Fantozzi va in pensione è, al contrario dei due film precedenti, un film discreto e che con la sua vena di malinconia riesce a stupire. Si ride e si scherza ma con una dose di dramma, la vita che cambia le abitudini del lavoratore che, incredibilmente a quanto si possa pensare, dopo una vita fatta di cartellini timbrati all’ultimo secondo, inizia ad annoiarsi. Il finale, il ritorno a lavorare gratuitamente per la ditta, è eloquente.
Fantozzi alla riscossa ha la presunzione di ribaltare i concetti espressi nel capitolo precedente, ma dopo venti minuti sembra di vedere cose trite e ritrite e risulta un accozzaglia di idee miste ad episodi di stampo mafioso (era l’epoca in cui Cosa Nostra faceva paura) o gag simili a quelle viste nel film “Le comiche”, prodotto commerciale sempre con Villaggio e con la regia di Neri Parenti. Da evitare.
Fantozzi va in Paradiso invece merita attenzione, dato che i fatti tragici del ragioniere virano sul concetto della morte, forse prematuramente per l’anagrafe, ma pur se forse troppo drammatica come tematica principale, ha una sua logica e il film è piacevole. Milena Vukotic con la sua recitazione vincerà il suo unico David di Donatello e questo la dice lunga. Sarà il canto del cigno, visto che gli ultimi due episodi non li commento nemmeno. La saga di Fantozzi termina con lo squallido “Fantozzi, la clonazione” in cui addirittura Neri Parenti si è rifiutato di dirigerlo…ed è tutto dire.