Girato interamente nel 2001, il terzo film di Shyamalan è probabilmente il film che mette un punto alla carriera del Mel Gibson giovane(dopo Signs ci sarà We were soldiers, film da lui diretto ma molto sottotono), il quale successivamente affronterà un periodo di difficoltà con alcool e depressioni varie fino al ritorno sulle scene nel curiosissimo Mr.Beaver della sua amica Jodie Foster. Shyamalan gioca con una storia che ricorda alcuni racconti di Stephen King e le ossessioni di Spielberg sugli alieni, ma racconta il tutto a modo suo, con quella tristezza e lentezza che solo Hitchcock, oltre a lui, poteva permettersi di portare in scena. Prodotto dagli spielberghiani Frank Marshall e Kathleen Kennedy e Sam Mercer per la Blinding Edge, il film di Shyamalan, uscì nelle sale nell’agosto del 2002, riscuotendo un enorme successo a livello mondiale. Probabilmente questo terzo film del regista di origini indiane, mette fine alla prima parte della carriera: successivamente, dopo il mezzo passo falso con The Village (2004), inizierà un periodo di film piuttosto mediocri, periodo lungo e che si è improvvisamente interrotto con l’ottimo Split (2016). Nel cast anche Joaquin Phoenix e i bravissimi Rory Culkin e Abigail Breslin.
Nella contea di Bucks, Pennsylvania, dei misteriosi cerchi nel grano vengono tracciati sul campo di mais di proprietà di Graham Hess, un pastore protestante che ha smarrito la fede dopo la tragica morte della moglie. All’inizio si pensa a uno scherzo di alcuni burloni, che già da tempo prendevano di mira la famiglia Hess, ma poi quando si scopre che i cerchi iniziano a comparire anche in altre parti del mondo cresce la tensione. S’inizia a sospettare sempre più che questi cerchi nel grano siano in realtà dei punti di riferimento sfruttabili da ipotetiche navicelle aliene. A un primo atteggiamento scettico del religioso segue l’evidenza dei fatti quando egli stesso è protagonista di un incontro con una creatura aliena tenuta segregata in uno stanzino all’interno della casa di proprietà della persona (M. Night Shyamalan, il regista del film) che involontariamente aveva provocato l’incidente mortale in cui perse la vita la moglie del pastore. Questo incontro avviene a distanza di sicurezza, in quanto Graham non aprirà mai la porta dello stanzino che lo separa dall’alieno, ma ne evincerà fattezze e intenzioni attraverso un’immagine riflessa in un coltello, che Hess fa scorrere sotto la porta. A seguito di questo gesto l’alieno (pronto ad attaccarlo) si scaglia verso il coltello e ha la peggio, perdendo alcune dita della mano nel momento in cui questo veniva immediatamente retratto. Tornato a casa Hess fornisce istruzioni alla famiglia per cercare di affrontare al meglio la questione, barricandosi in casa, viste anche le scene di panico e le notizie diramate dalla televisione.
Graham insieme al fratello Merrill Hess, un ex giocatore di baseball famoso per la potenza dei suoi tiri, provvede a blindare la casa attraverso l’apposizione di legni e chiodi alle finestre. Quando sopraggiunge la sera, però, si accorgono che l’invasione ha avuto inizio e vengono uditi i primi segni della presenza degli alieni: il cane della famiglia era stato dimenticato in giardino. I padroni, barricati in casa, sono costretti a sentire il cane abbaiare e ringhiare sempre più forte. Si sente il rumore del mais che si muove e in seguito si sente il rumore di alcune botte (precedentemente il bambino aveva scoperto grazie a un libro sugli alieni che essi avrebbero potuto attaccare la Terra per utilizzarne le risorse, e per questo non avrebbero potuto usare delle armi, rischiando così l’utilizzo di una bomba nucleare). Si sente il cane guaire e poi solo il rumore di alcuni passi e nella soffitta che, sbadatamente, non era stata rinforzata con le assi per impedirne l’apertura…
Come sempre nei suoi film, mistero, dramma e suspence si assemblano per far rimanere incollati allo schermo: il risultato è davvero notevole. Mel Gibson in grande forma ricorda spesso il “suo” uomo senza volto, le inquadrature fisse danno grande ossigeno alle interpretazioni sia sue che di Phoenix, il tutto accentuato dalla fotografia di Tak Fujimoto. Il silenzio è spesso presente nelle scene, vagamente simili ai linguaggi di Lynch, dove è l’attesa a fare da padrone: Shyamalan chiede allo spettatore attenzione e pazienza, quindi i suoi film, come sempre non possono piacere a tutti, ma a quelli che apprezzano tecnica e qualità, il regista indiano fa per loro. Non potrà mai deludere le aspettative se siete rimasti incollati allo schermo con Gli Uccelli (1963), se la suspence classica è uno di vostri veleni preferiti, questa mystery-story può rientrare sicuramente nella top-five. Se invece siete tra quelli che richiedete a gran voce un pò più di azione, meno introspettiva dei personaggi, meno musiche inquietanti ecc, allora meglio spostarsi su altri lidi. Shyamalan è un racconta-storie, e il regista che troppo spesso è stato criticato per il suo modo un pò antico di fare cinema, rimane uno dei pochissimi hollywoodiani che non crea remake, non si sputtana con docu-film o altro, Shyamalan è un sottovalutato creatore e ci ricorderemo di lui quando smetterà di raccontarle.
★★★★☆