Basato sul romanzo di Dennis Lehane L’isola della paura, questo adattamento cinematografico è la quarta collaborazione fra il regista Martin Scorsese e Leonardo Di Caprio, che in quello stesso anno fu protagonista anche del fantascientifico Inception di Christopher Nolan. Grazie ad un cast stellato (Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Max Von Sydow, Michelle Williams, Emily Mortimer, Jackie Earle Haley, Elias Koteas e Ted Levine) che ha il solo compito di facilitare una straordinaria interpretazione dell’ormai ex-Jack Dawson di Titanic, il thriller del regista italo-americano è stato criticato positivamente da stampa e pubblico ed ha riscosso un ottimo successo nelle sale. In parte “figlio” di quel capolavoro di Adrian Lyne Allucinazione perversa (1989), in parte noir, in parte Kinghiano, il film di Scorsese è l’ennesima prova che le buone sceneggiature difficilmente possono portare a risultati negativi.
Nel 1954, gli agenti federali Edward “Teddy” Daniels e la sua spalla Chuck Aule vengono mandati all’Ashecliff Hospital, su Shutter Island, specializzato nella cura di criminali malati di mente. I due agenti devono investigare sulla scomparsa di Rachel Solando, una paziente rinchiusa in una stanza blindata e svanita nel nulla. Il dottor John Cawley, primario dell’ospedale, spiega che Rachel è stata ricoverata dopo aver affogato ed ucciso i suoi tre figli, ma, nonostante ciò, lei crede ancora di trovarsi a casa, che i suoi figli siano ancora vivi e che il personale e i pazienti dell’istituto altro non siano che postini, lattai, fattorini e giardinieri. Le scogliere che circondano il perimetro dell’isola rendono impossibile a Rachel, fuggita a piedi nudi, di raggiungere le grotte vicine. Teddy ispeziona la cella e trova uno strano foglietto sotto una mattonella, con scritto “La legge del quattro. Chi è il 67?”. Vedendo poi un faro adiacente all’isola, pensa che la paziente possa nascondersi lì, ma gli viene detto che la donna è stata cercata dappertutto, anche nel faro. Gli agenti, interrogando lo staff dell’ospedale, vengono a conoscenza del fatto che lo psichiatra che ha in cura Rachel, il dottor Sheehan, è partito la mattina stessa per le ferie. L’agente Daniels chiede quindi di poter visionare tutti i fascicoli del personale dell’ospedale, ma Cawley si rifiuta. La stessa notte, Teddy fa uno strano sogno sulla moglie, Dolores Chanal, morta cinque anni prima in un incendio; nel sogno Dolores avverte il marito che Rachel è viva ed è ancora sull’isola, e che anche Andrew Laeddis, il piromane che aveva appiccato l’incendio, si trova lì. Il mattino seguente, i due federali interrogano gli altri pazienti che erano con Rachel durante la terapia di gruppo ed una di questi scrive a Teddy, di nascosto dall’altro collega, di scappare. Teddy, subito dopo, spiega a Chuck la vera ragione per cui ha accettato il caso: Andrew Laeddis, dopo esser stato trasferito ad Ashecliff, scomparve. Mentre investiga, Teddy incontra un ex paziente che lo informa del fatto che sull’isola, in realtà, vengono condotti esperimenti su esseri umani. Improvvisamente viene annunciato che Rachel è stata trovata vicino al faro. Rachel non ha nemmeno un graffio e, nonostante i tentativi di Teddy di scoprire qualcosa in più, la donna non fornisce alcuna informazione di rilievo e sfocia infine in una reazione violenta. In seguito, Teddy, nel padiglione C (in cui vengono tenuti i pazienti ritenuti maggiormente pericolosi) trova in una cella George Noyce, l’uomo che l’aveva avvisato degli esperimenti:
George lo accusa di averlo percosso violentemente e afferma di trovarsi lì per colpa sua. Manifesta inoltre la sua paura di essere portato al faro e cerca di spronare Ted ad accettare il fatto che la moglie ormai non ci sia più. Teddy si reca vicino al faro in compagnia di Chuck e, dopo essersi allontanato, scopre al suo ritorno che il suo partner non c’è più. Per scoprire che fine ha fatto quest’ultimo scende dalla scogliera e scopre una grotta in cui la vera Rachel Solando si sta ancora nascondendo: la donna dice a Teddy che lei in passato era un medico dell’ospedale, fino a che non scoprì che si stavano effettuando degli esperimenti illegali; a quel punto venne ricoverata come paziente. Spiega inoltre che nell’ospedale vengono utilizzati psicofarmaci per cercare di ottenere e gestire il controllo mentale, con l’obiettivo di creare spie infiltrate da utilizzare nella guerra fredda. Oltre a ciò lo informa che molto probabilmente lo hanno già drogato (cibo, bevande, sigarette, un paio di aspirine che ha chiesto per una forte emicrania) non appena arrivato sull’isola. Teddy, riportato all’ospedale dal direttore, riesce a creare un diversivo per scappare e raggiungere il faro; lì disarma la guardia posta all’entrata e sale in cima alla struttura dove, con suo grande stupore, vi trova Cawley, che lo sta aspettando seduto a un tavolo…
Shutter Island è un magico regalo impacchettato da Scorsese, che in un certo modo va a riagguantare alcune atmosfere di Cape Fear (1991). La ricerca che conduce il protagonista assieme al suo collega è una portentosa pentola a pressione, mentre il luogo della vicenda, claustrofobico in un modo e completamente l’opposto in un altro funge da specchio della verità e la libertà di poter girovagare attorno all’isola limita comunque i due detective per risolvere l’ingrbugliato enigma. La fotografia di Robert Richardson incalzata dalle sonorità sinistre di Robbie Robertson (vecchio collega di Scorsese), fanno soltanto aumentare il livello d’ansia, la quale non sfocierà mai in ridicoli salti sulla sedia ma in una realtà completamente ribaltata. Scorsese abbelisce, in buona sostanza, il già ottimo lavoro di Lehane e dona a Di Caprio la possibilità di enfatizzare il suo tormentato Teddy Daniels fino all’imprevedibile colpo di scena. Ben Kingsley, Michelle Williams e Max Von Sidow regalano delle interpretazioni di livello altissimo assieme al “maledetto” Di Caprio: follia, rabbia, vendetta e disperazione, il tutto mescolato ed agitato in un luogo dimenticato da Dio, dove niente è come sembra. Seppur si possa dichiarare che Shutter Island strizzi l’occhio al Dottor Caligari e a Vertigine di Preminger, in 140 minuti solo apparentemente semplici, Scorsese è stato capace di dare un’altra lezione di cinema.
★★★★☆