Il talento di Black mirror (2011 – 2017)

Black mirrorBisogna stabilire se il britannico Charlie Brooker sia un genio oppure un prestigiatore nostalgico: già perchè la sua splendida creatura televisiva, Black Mirror prodotta da Endemol per la piattaforma Netflix, dopo i passaggi su Sky Cinema, è una rivisitazione a tutti gli effetti dell’intramontabile serie “Ai confini della realtà”. Progetto ambizioso, dunque, quello di Brooker che sviluppa una ventina di storie, ciascuna con il proprio episodio, l’uno scollegato dall’altro, senza protrarsi però con i classici 22 episodi a stagione, ma solo di tre, quattro. Il risultato è che lo spettatore se ne innamora senza alcun dubbio e, a differenza di climax complessi come per le altre serie televisive, quì non ci si perde mai: il viaggio è breve ma assai intenso. In quasi tutti gli episodi si riscontra un pessimismo unico nel suo genere e i finali non sono quasi mai con l’happy ending, una scelta voluta fortemente dal creatore che vuole e deve far riflettere sui potenziali pericoli in ci la società di oggi potrebbe incorrere. Questa negatività si percepisce sin dal primo grottesco episodio: “The national anthem”, in cui il primo ministro britannico è costretto da un Mister X a farsi riprendere dalle televisioni mentre ha un rapporto sessuale con un maiale, tutto per salvare la vita ad una giovane principessa rapita. Non svelerò il finale, ma ad avere sempre la meglio è il messaggio che ciascun episodio lascia: la tecnologia, per quanto possa semplificare la nostra vita, nasconde sempre un terribile rovescio della medaglia, capace di infliggere colpi pesantissimi sia sul singolo che sull’intero pianeta, proprio come nel più apocalittico “Hated in the nation”, in cui il vero protagonista è l’hashtag, un codice in grado di generare un virus mortale di proporzioni enormi su vasta scala. Black mirror PremierLa visione sinistra di Brooker raggiunge probabilmente il suo culmine con l’episodio “Shut up and dance”, dove un malware costringe un timido ragazzino a fare cose orrende pur di evitare la più pesante delle gogne mediatiche. Se il pessimismo domina incontrastato la vallata nera di Black Mirror, ci sono dei raggi di sole che accendono la speranza per un mondo più rassicurante: è il caso di “San Junipero”, un capolavoro di bellezza e malinconia, ripreso con diversi filtri per ricreare i contesti di epoche diverse, una tra tutte quella degli anni ’80 (scenografia, costumi e fotografia impressionanti) e una storia difficilmente digeribile per la cultura di trent’anni fa e che può invece trovare libero sfogo oggi. Come per San Junipero anche “Hang the Dj” è una favola non pessimista, ma uno dei guai maggiori della quarta, e fino ad ora, ultima stagione dello show, di cui “Hand the dj” ne fa parte, è un palese allontanamento dalla matrice fortemente british. Infatti, sebbene, le prime due stagioni siano esplicitamente ambientate in contesti inglesi o Regno Unito che sia, nella terza si esce dalle frontiere per approdare in zone più made in USA. Tuttavia, se le prime due stagioni siano molto interessanti e il cosiddetto episodio natalizio un grande episodio, la terza stagione è probabilmente la migliore della serie. Non vale lo stesso per la quarta: l’episodio “USS Callister”, ad esempio, ha l’intenzione di mixare parodia televisiva e sociopatia degenerativa, ma il risultato è sprecone e patetico; “Arkangel” (diretto da Jodie Foster) non fa meglio, perché seppure le attrici De Witt e Harding concedono una grande interpretazione, la storia commette l’ingenuità di ripetere fasi schematizzate, esattamente come negli episodi visti nelle stagioni precedenti; e mentre l’episodio di “Crocodile” Black Mirror Waldoè una voragine del male in cui è costretta ad incappare una debole donna per un incidente non previsto, l’oscuro “Metalhead” non vuole andare a parare da nessuna parte, pretendendo di essere un’opera a se, tecnicamente impeccabile anche se i dubbi restano; peggio di tutti fa l’ultimo episodio “Black museum”, il quale vorrebbe ripetere il successo dell’episodio “White christmas”, a cavallo fra la seconda e la terza stagione, ma scema ad un livello pari dei seguiti inutili della saga di Saw. Insomma, con l’eccezione di un paio di episodi, la quarta stagione di Black Mirror è assai lontana dalle prime tre, distante certamente dai cattivissimi “15 milion merits” o da “Men against fire”.

Torniamo a bomba, come si suole dire. Black Mirror è, nel complesso, un eccellente intrattenimento visivo, ma il nome di Brooker non merita, a mio modestissimo parere gli elogi che si è accaparrato negli ultimi cinque anni: l’ideatore inglese ha sostanzialmente rispolverato e riadattato molte storie prese dal suo antenato “The twilght zone” (in Italia “Ai confini della realtà”) ideato da Rod Serling e Richard Matheson, una serie in cui almeno nelle prime tre stagioni (1959-1962) si potevano incontrare storie facilmente riadattabili ai giorni nostri e non solo: con il gioco del colpo di scena, atto al ribaltamento dei ruoli, Black Mirror va a rafforzare il mio asserto. Ne è un esempio l’episodio “The invaders”, in cui la protagonista nasconde qualcosa di impensabile per gli spettatori, qualcosa che ribalta il punto vista, stessa storia accade per “Eye of the beholder”. Black Mirror San JuniperoL’accusa di emulazione si rafforza sul concetto dell’uso errato del “dono” che il protagonista (o i protagonisti) di turno riceve, ci sono molte storie che erano già apparse nella vecchia serie in bianco e nero e che vengono facilmente ricalcate in Black Mirror, in cui il “dono” è sotto forma di apparecchio tecnologico. In effetti, è questa anche l’anima nera di Black Mirror: ciò che sembra utile a migliorare la nostra vita, genera allo stesso tempo la distruzione (come nel caso di “The entire history of you”). Non posso permettermi di dire che Brooker ha emulato Serling e le sue formidabili storie in toto, ma ne ha estratto il DNA e, in un modo o nell’altro, ha generato incubi dal volto futuristico. Il tutto mi ricorda un pò quel dannato Matt Damon che ruba parte della vita del ricco lucignolo Jude Law ne “Il talento di Mr Ripley” di Anthony Minghella (1999). Non è un processo alle intenzioni, figuriamoci, eppure, con l’avvento dell’era digitale, il buon Charlie ha allungato quell’orizzonte dove realtà e immaginazione si sfiorano, un luogo che resta sempre e comunque ai confini della realtà.

BLACK MIRROR è stata una serie televisiva britannica, prodotta da Charlie Brooker per Endemol. Si tratta di una serie antologica, in quanto scenari e personaggi sono diversi per ogni episodio. La fiction, ambientata nel futuro, ma in realtà ispirata al mondo di oggi, è incentrata sui problemi di attualità e sulle sfide poste dall’introduzione di nuove tecnologie, in particolare nel campo dei media Black Mirror Crocodile(il titolo infatti si riferisce allo schermo nero di ogni televisore, monitor o smartphone). È stata trasmessa in prima visione su Channel 4 dal 4 dicembre 2011 e in Italia su Sky Cinema 1 dal 10 ottobre 2012. Al momento non sono previsti ulteriori episodi.

 

BLACK MIRROR – TEASER TRAILER STAGIONE UNO (2011)

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