Il canto del cigno di una delle più famose saghe di tutti i tempi del cinema come Ritorno al Futuro, ha da sempre diviso fan e critica, tra chi lo giudicava un mezzo passo falso e non necessario e chi ne ha elogiato la sceneggiatura un pò più esotica. Distribuito nelle sale in piena primavera del 1990, riprende esattamente dove si era fermato il travolgente secondo episodio, ed è stato girato immediatamente dopo la fine delle riprese di quest’ultimo. Nel cast composto sempre dal duo Fox-Lloyd e da coloro che hanno contribuito agli altri due film, si aggiunge la figura di Clara Clayton interpretata da Mary Steenburgen. Con un budget di 40 milioni di dollari, il terzo capitolo della saga creata da Bob Zemeckis e Bob Gale, incassò ben 250 milioni: tuttavia è il film che ha incassato di meno della saga.
Il diciassettenne Marty McFly è rimasto nuovamente intrappolato nel 1955. Il suo amico Doc, infatti, nella notte del 12 novembre 1955 è stato catapultato nel 1885 dalla scarica di un fulmine, insieme alla macchina del tempo. Costretto a chiedere nuovamente aiuto al “giovane” Doc, Marty scopre, nel recuperare la DeLorean (nel frattempo nascosta in un vecchio cimitero abbandonato dal Doc finito nell’Ottocento), che questi verrà ucciso pochi mesi dopo il suo arrivo nel 1885 dal feroce pistolero Buford “Cane Pazzo” Tannen, bisnonno di Biff, per un debito di 80 dollari.
Deciso a salvare l’amico, Marty, dopo che la DeLorean è stata riparata, si fa dare dal Doc del 1955 dei vestiti adatti e parte per il vecchio West: lì, sotto il nome di Clint Eastwood, farà conoscenza con i suoi avi irlandesi, tra i quali il neonato bisnonno William (il primo McFly nato in America) e i trisavoli Seamus e Maggie McFly. Non appena trova Doc (che nel 1885 ha iniziato a fare il maniscalco come copertura), lo informa di tutto, ma purtroppo per poter tornare al futuro devono prima trovare un modo per far raggiungere alla DeLorean le 88 miglia orarie necessarie, dal momento che la macchina del tempo è rimasta senza benzina per il motore in quanto una freccia dei pellerossa che avevano inseguito Marty al suo arrivo ha bucato il serbatoio. I due provano ad alimentare l’auto con una bevanda fortemente alcolica, e ciò danneggia il sistema di iniezione. Dopo aver verificato che nemmeno il più veloce dei cavalli da traino arriva a tale velocità, che non si riesce a farla scivolare da un pendio e che non c’è tempo di aspettare l’inverno per farla scivolare su un lago ghiacciato, arrivano all’idea di spingerla con una locomotiva a vapore. Il macchinista del treno spiega loro che per lanciare una locomotiva dell’epoca a circa 90 miglia all’ora è necessario che vi sia un tracciato dritto e con la giusta inclinazione, che la locomotiva non traini alcun vagone e che la caldaia sia particolarmente calda. Nel mettere a punto il piano, arrivano a salvare dalla caduta di un burrone un carro guidato dalla maestra Clara Clayton (questo modifica la precedente linea temporale, in quanto il burrone avrebbe preso il nome di “Clayton” in seguito alla morte della donna). Doc s’innamora a prima vista di lei, tanto da decidere in un primo momento di rinunciare a tornare nel 1985. Quando Marty riesce a convincere nuovamente Doc a partire, ricordandogli che la sua morte poteva ancora essere nel suo futuro prossimo, Doc, dovendo dare spiegazioni a Clara, prova a raccontarle la verità e a convincerla dei viaggi nel tempo, ma non viene creduto e ottiene solo una dolorosa rottura del loro amore. Arriva il giorno del viaggio: dopo la sfida a duello tra Marty e l’arrogante Buford (vinta da Marty grazie a una furbizia ispirata da Per un pugno di dollari), i due protagonisti mettono in atto il piano per dirottare la locomotiva, ma succede un imprevisto: Clara ha scoperto il loro piano e li raggiunge.
Saltata sulla locomotiva in movimento, il suo vestito resta impigliato e lei rischia la morte. A questo punto Doc, per salvarla…
Beato colui che ancora ha la possibilità di scoprire questa affascinante trilogia, piena di battute, di pericoli in agguato e di continuum spazio-tempo. Sfortunatamente per i fan di questo terzo episodio, appartengo a coloro che non l’hanno mai amato troppo e per numerosi motivi legati ad una sceneggiatura sterile e scelte estremamente discutibile. L’inserimento della morosa per Doc Brown io l’ho digerito male, con tutto il rispetto per Doc ma se non fosse stato per Clara Clayton, magari saremmo riusciti ad assistere ad un quarto capitolo. Ma forse chiedo troppo. La saga si era consumata già al termine del secondo episodio (che giudico pratciamente al pari del primo film), e non era così semplice trovare una storia valida per chiudere il cerchio. Fatto sta che stiamo parlando di un film godibilissimo e già clamorosamente nostalgico: tutti sembrano sapere che stanno contribuendo alla fine di questa fantastica avventura. La splendida fotografia di Dean Cundey miscelata con la scenografia curatissima di Rick Carter è davvero lodevole. Alan Silvestri gioca molto sul tema principale e compone un ottima overture dedicata a questo far-west degna del miglior Yul Brynner e i suoi magnifici colleghi. Quello che fa storcere il naso è un radicale cambiamento comportamentale del personaggio di Doc Brown, che se nel primo film sembra un bisbetico scienziato pazzo, qui acquista il carisma di John Wayne mista alla goffaggine di Fantozzi. Anche Marty McFly evolve il suo personaggio in modo ma in modo più lineare: grazie alle numerose peripezie precedenti, il ragazzo acquisisce più sicurezza in se stesso e sa rischiare. La dolorosa distruzione della DeLorean, almeno per chi lo vede per la prima volta, è probabilmente il momento più toccante del film e non è che quel finale io l’abbia adorato. Tuttavia è conclusivo e non ha mai lasciato ipotizzare ulteriori avventure: sarebbe stato ridicolo vedere Doc e Marty compiere altri salti temporali su un treno volante, roba che nemmeno “Allacciate le cinture! Viaggiando s’impara”. Grazie a quella scelta conclusiva, Gale e Zemeckis chiudono definitivamente il cerchio e, come più volte hanno ribadito in documentari ed interviste sulla saga, non accetteranno mai alcuna offerta per eventuali seguiti o remake: nell’epoca in cui quasi ogni classico degli anni ’80 è stato rilanciato, Bob & Bob hanno detto energicamente “no”. Una decisione giusta e applaudita da tutti. Ritorno al futuro è un diamante della cinematografia, capace di apparire ancora oggi meravigliosamente moderno, capace di affascinare anche le nuove generazioni di spettatori, geniale in tutta la sua originalità.
★★★☆☆
2 risposte a "Ritorno al futuro – parte III (1990)"