Leone d’oro come miglior film alla 74ª Mostra cinematografica di Venezia, 2 Golden Globe (miglior regia e miglior colonna sonora) su 7 candidature e soprattutto 13 Candidature agli Oscar 2018. The Shape of water – La forma dell’acqua è l’ultima fatica del visionario Guglielmo del Toro, che in passato aveva dimostrato le sue enormi capacità con film apparentemente adolescenziali come Helboy (2004), Crimson Peak (2015) e soprattutto con Il labirinto del fauno (2006). Con un cast composto da bravi attori e non da star, il film di del Toro rispolvera un tema caro al pubblico, la relazione ambigua fra due esseri isolati dalla società, un incontro che supera qualsiasi barriera sessuale, sviluppando una sceneggiatura dai risvolti sia grotteschi che romantici. La pellicola è stata distribuita in Italia a partire dal 14 febbraio 2018 distribuita dalla Fox Searchlight Pictures, tipico timbro di produzioni semi-indipendenti.
Baltimora, 1962. Elisa Esposito è una donna affetta da mutismo che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio governativo dove vengono effettuati degli esperimenti atti a contrastare la Russia durante la Guerra Fredda. I suoi due unici amici sono la collega afroamericana Zelda e l’inquilino gay Giles, coi quali condivide una vita di solitudine ed emarginazione. Un giorno al laboratorio viene portata una cisterna contenente una creatura anfibia dall’aspetto umanoide: è stata catturata in Amazzonia dove gli indigeni locali la veneravano come un dio. Elisa rimane molto affascinata dalla creatura, e comincia ad andarla a trovare di nascosto portandole del cibo e insegnandole a comunicare tramite il linguaggio dei segni. Il violento colonnello Strickland, nel frattempo, conduce sanguinosi esperimenti sull’uomo anfibio, e riceve dal suo superiore, il generale Hoyt, l’ordine di vivisezionarlo nella speranza che studiando la sua anatomia si possano ottenere preziose informazioni per la corsa allo spazio. Allo stesso tempo lo scienziato Hoffstetler, che in realtà è una spia russa, riceve dai suoi capi l’ordine di distruggere la creatura per osteggiare gli americani; l’uomo però è rimasto a sua volta affascinato dalla creatura (anche perché ha scoperto degli incontri tra essa e Elisa) e chiede a entrambe le parti di lasciarlo in vita per proseguire gli studi, ricevendo però rifiuti da ambo i lati. Elisa scopre del terribile destino della creatura e decide di salvarla; dopo aver vinto le reticenze di Giles, la ragazza organizza un piano per liberare l’uomo anfibio. Con l’aiuto di Zelda e Hoffstetler la fuga riesce ed Elisa accoglie la creatura in casa sua. Grazie ai consigli dello scienziato, Elisa riesce a tenere in vita l’essere ospitandolo nella sua vasca da bagno; il rapporto tra i due si intensifica e iniziano ad avere rapporti sessuali. Giles invece scopre che l’essere ha il potere di guarire le ferite e di invertire il processo di invecchiamento. I due pianificano di liberarlo giorni dopo, quando le piogge allagheranno un canale che potrà condurlo al mare, nonostante Elisa si scopra progressivamente innamorata dell’essere. Al laboratorio, Strickland paga le conseguenze della fuga dell’uomo anfibio. Il colonnello interroga Elisa e Zelda, ma il suo pregiudizio circa le persone di grado inferiore non gli consente di scoprire la verità. Successivamente Hoyt gli concede un ultimatum per ritrovare la creatura, scaduto il quale egli sarà eliminato. Intanto la salute della creatura va peggiorando, e Elisa inizia a comprendere che se vorrà salvare la vita del suo amato, di lì a poco dovrà dirgli addio. Hoffstetler, intanto, riceve la notizia che presto sarà prelevato e riportato in Russia.
Strickland, che sospetta di lui per la sparizione della creatura, lo segue fino al punto d’incontro, ma qui giunti lo scienziato viene colpito a morte dai russi, i quali non vogliono lasciare testimoni diretti dell’esistenza della creatura. Prima che possano finirlo, Strickland uccide i killer e tortura Hoffstetler per farsi rivelare dove sia l’uomo anfibio. In punto di morte lo scienziato gli rivela l’implicazione di Elisa e Zelda. Strickland si reca a casa di quest’ultima, dove il marito, terrorizzato, rivela al colonnello che la creatura si trova a casa di Elisa…
Mantenendo un atteggiamento quasi irriguardoso nei confronti di pellicole precedenti come i due adattamenti alla Bella e la Bestia (dove qui in sostanza manca la Bella), Splash- Una sirena a Manhattan di Ron Howard, di Edward mani di forbice di Tim Burton e, per certi versi, anche il cinema di Terry Gilliam, del Toro concentra la sua attenzione sulla maggior apertura mentale nei confronti del rapporto più fisico di sempre, in cui finora era un elemento mancante. È possibile considerare la scelta come un adattamento più aggiornato e adeguato alla società odierna, ma la triste realtà è che non c’è davvero nulla di nuovo e sapere che questa pellicola corre per vincere il Premi Oscar per miglior sceneggiatura originale è brutto presagio: Hollywood è davvero così alla frutta di idee? Ineccepibile invece è la struttura tecnica che si avviluppa in un susseguirsi di riprese formidabili per la durata di quasi due ore: del Toro, con l’aiuto di una fotografia tagliente di Dan Laustsen e di una grande colonna sonora diretta da Alexandre Desplat, sperimenta angolazioni, gioca con i punti di vista e dona momenti di grande epica con autentiche mosse da maestro (la stanza del bagno allagata e l’inizio sott’acqua). A meravigliare positivamente sono però il trucco di Kristin Wayne e le scenografie di Paul. D. Austerberry, veri assi nella manica di un lavoro minuzioso ed elegante. Da notare anche i costumi di Luis Sequeira. Eppure in questo sfarzo di luci e colori misti ad ombre inquietanti e a splatterate gratuite. Bene gli attori, Sally Hawkins incanta con i suoi silenzi e canta nel silenzio, Michael Shannon è un villain a tutto tondo e ha sulle sue spalle anche una scadenza professionale che lo trasforma in un uomo disperato e ancora più spietato, mentre Octavia Spencer brilla anche se il suo ruolo è quasi marginale. Probabilmente il ruolo più interessante se lo ruba quel bravissimo attore che è Richard Jenkins. Sarebbe una bestemmia considerare un’opera del genere un furbo aggiornamento di fiaba noir di stampo Burtoniano, ma che questa pellicola si stia giocando ben 13 statuette mi fa riflettere e non poco sulla qualità in generale dell’industria cinematografica attuale. The shape of water brilla nell’oscurità dove giacciono le tante stupide idee hollywoodiane di oggi, ma è una bugia…perchè brilla di luce riflessa.
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