La prima fase del ciclo di Rocky Balboa, eroe americano degli anni ’80, uomo tutt’altro che indistruttibile come potrebbe essere invece John J. Rambo, l’altro storico personaggio che ha dato il successo a Stallone, termina con questo quinto capitolo prima di un lungo sonno (artistico) durato per ben 16 anni. La regia passa nuovamente a John G. Avildsen (regista anche del primo film) dopo tre capitoli affidati proprio all’attore italo-americano. Stallone forgia una sceneggiatura assai lontana da quella del capitolo precedente, dove lo scontro con Ivan Drago aveva più i connotati di una stretta di mano politica in un periodo di grandi tensioni con l’Unione Sovietica (era il 1985): qui il pugile torna in una dimensione molto più terrestre e si scontra con due dure realtà, la fine della sua carriera e la perdita dei suoi beni. Il film uscito a ridosso dell’inverno del 1990 ebbe un ottimo successo anche se di molto inferiore a Rocky IV: venne inoltre non apprezzato dai fan, i quali avrebbero voluto vedere nuovamente il pugile sul ring per un ultima volta. Tuttavia, con il passare del tempo, Rocky V fu riscoperto da molti come il sequel migliore dell’intera saga. Nel cast oltre a Stallone, ovviamente i compagni di sempre Talia Shire e Burt Young. Piccola apparizione per Tony Burton e Burgess Meredith, quest’ultimo torna in un flashback, nel ruolo dell’antagonista Richard Grant e l’esordio cinematografico per il compianto Sage Stallone. Prima ed ultima volta invece per il pugile Tommy Morrison.
Dopo aver vinto contro il pugile sovietico Ivan Drago, Rocky torna in America insieme ad Adriana, Paulie e a Tony Evers. Mentre si trova in conferenza stampa per definire il suo ritiro, viene preso di mira dal ricco manager di pugili George Washington Duke, il quale gli propone di fare un incontro a Tokyo contro il suo pugile Union Cane, ma Rocky rifiuta. Tornati a casa, Rocky ha una brutta sorpresa: Paulie, prima di partire con lui per la Russia, aveva firmato imprudentemente a suo nome una procura in favore del proprio commercialista, convinto che fosse una proroga per la dichiarazione dei redditi, mentre invece si trattava in realtà di una sorta di speculazioni, poi non andate a buon fine, il cui risultato è stato quello di ridurre lo stesso Rocky sul lastrico. Rocky non si perde d’animo, accetta di incontrare Union Cane, ma apprende dal suo staff medico che, a causa dei violenti colpi riportati nell’incontro con Drago, ha riportato delle gravi lesioni cerebrali, che potrebbero essergli fatali se ritornasse sul ring. E allora Rocky, come unica possibilità, è costretto a vendere molti dei suoi ricordi, compresi la villa e la sua moto per guadagnare i soldi necessari per rimediare al disastro. Si vede costretto ad abbandonare anche il suo titolo mondiale, che rimane vacante e viene casualmente conquistato dallo stesso Cane. Dopo essersi rimesso in sesto, Rocky porta suo figlio Robert a frequentare la sua vecchia scuola: qui il figlio incontra Jewel, una ragazza che si innamora di lui. L’incontro però viene interrotto da due compagni crudeli che prendono a pugni Robert e gli rubano il giubbotto. Nel frattempo Rocky trova una giovane stella del pugilato americano di nome Tommy Gunn. Rocky accetta di fargli da manager e lo porta ad allenarsi nella vecchia palestra del suo defunto allenatore Mickey Goldmill. Così Rocky inizia ad allenare Tommy che dimostra subito grande forza sul ring: nel primo incontro gli mostra come la fiducia vince sulla forza, vale a dire che lui non deve far altro che sentire la potenza dentro di lui e tirarla fuori al momento giusto. Così Tommy riesce a diventare famoso in tutta l’America; Rocky si sente sempre più un nuovo vincente anche come manager. Gli allenamenti di Rocky a Tommy però inducono l’ex pugile a trascurare la sua famiglia, soprattutto il figlio.
Nonostante ciò, Robert riesce a dare una lezione ai due compagni che lo avevano picchiato e a riprendersi il giubbotto con una serie di pugni sferratigli. Corre così insieme a Jewel da Rocky che sta allenando Tommy sul ring della palestra a raccontargli la sua azione; all’inizio il padre è orgoglioso di suo figlio ma quando Tommy gli dice che deve continuare, Rocky gira di nuovo le spalle a Robert che se ne va deluso. Da quel momento, Rocky inizia ad avere così tanta fiducia in Tommy che per tutte le sue grandi vittorie arriva a dargli anche i calzoncini di Apollo Creed conservati dopo l’incontro con Drago, questo però fa salire drasticamente l’interesse di Duke, ancora disposto a vedere un grande pugile sul ring, a venire a conoscenza di Tommy e farlo passare dalla sua parte, dandogli in compenso la possibilità di combattere contro Cane…
Sebbene siano stati i molti pareri negativi nei confronti di questo seguito decisamente più cupo rispetto ai due film precedenti, Rocky V si distingue per i suoi connotati realistici e affonda gli artigli sulle dure realtà di una stella cadente e delle conseguenze fisiche riportate. Stallone, sgonfia profondamente il suo amato “amico” Balboa e lo trascina in una dimensione desolante e priva di flash fotografici, lasciandolo con pochissime certezze (la famiglia, il rapporto con il figlio)alle quali, trovata un’effimera occasione di rivalsa, gira anche le spalle per poi capirne l’importanza. Interessante il personaggio di Tommy Gunn (l’attore Tommy Morrison era un pugile professionista, ma morì prematuramente nel 2013 per AIDS). Molto buona la regia, intensa e drammatica anche per la scelta della fotografia; godibilissime anche qui le musiche scelte per la duplice colonna sonora tornata nuovamente nelle mani di Bill Conti (splendida la ballad di Elton John “The measure of a man” sui titoli di coda con le immagini di tutta la saga). Da elogiare tutto il cast capace di donare alla gia impronta realistica della sceneggiatura, un tono drammatico godibile e mai melenso (Talia Shire, come quasi sempre, superiore a tutti). Stallone, invece, cambia alcuni lati del suo personaggio facendolo apparire fortemente stordito dopo lo scontro feroce con Drago, tanto da imbarazzare. La domanda che ci poniamo sulla riuscita di questo film è comunque la seguente: il desiderato distacco dal ring voluto da Stallone (come sceneggiatore) e la caduta libera di una star dello sport americano, era davvero necessario? La saga di Rocky avrebbe avuto più appeal se si fosse chiusa con l’epico quarto capitolo? Con la resurrezione del personaggio nel 2006, Rocky tornerà sul ring per un ultima volta, ma il tutto saprà inevitabilmente di chimico e plastificato: Rocky Balboa non era davvero richiesto, anche se al cinema c’andammo tutti. Bene invece fa questo (finto) ultimo quinto episodio, dove inizialmente il nostro eroe sarebbe anche dovuto morire…forse sarebbe stato davvero troppo.
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