Diretto da un quartetto di visionari, Ai confini della realtà è un omaggio alla storica serie creata da Rod Serling (1959 – 1964). Le quattro sequenze sono dirette rispettivamente da John Landis, Steven Spielberg, Joe Dante e George Miller e il cast (per intero) include star del calibro di Scatman Crothers, Vic Morrow, Dan Aykroyd, Albert Brooks, Priscilla Pointer, Burgess Meredith, Kathleen Quinlan, John Lithgow e Nancy Cartwright. Sebbene le quattro firme siano quelle che hanno segnato in positivo il cinema fantastico negli ultimi 40 anni, questa coccola a base di mistero e fantasia non va a segno per via di numerose lacune e porta con se una tragica ricorrenza, quella che ha coinvolto Vic Morrow e due bambini che morirono in una scena con un elicottero. Dopo il divertente prologo con Aykroyd e Brooks nel bel mezzo del nulla, il veterano Burgess Meredith ci riporta “Ai confini della relatà” con la storica sigla introduttiva e ha inizio il film.
Primo episodio – Time Out
Bill Connor è un uomo amareggiato dalla vita, che secondo lui l’ha trattato ingiustamente, e per questo è diventato anche un razzista della peggior specie, sempre in collera con tutti, particolarmente con ebrei, neri e asiatici. Dopo aver rischiato uno scontro fisico con due neri incontrati in un bar, si avvia verso casa, ma appena uscito dal locale capisce che qualcosa non va per il verso giusto, ritrovandosi improvvisamente nella Francia occupata dai nazisti. Scampato alle SS, che lo scambiano per un ebreo, si ritroverà suo malgrado prima in mezzo a un gruppo di fanatici del Ku Klux Klan che lo vedono come un nero, e lo vorrebbero impiccare, poi in mezzo alla giungla del Vietnam, nei panni di un vietcong attaccato da una pattuglia di soldati americani. Dopo aver rischiato la vita, il suo viaggio nel tempo e nell’incubo lo riporterà all’epoca del Terzo Reich, dove finirà in un treno di deportati ebrei, con i suoi amici che non possono sentirlo gridare la propria disperazione perché ormai si trova nella zona ai confini della realtà. L’episodio appare interrotto bruscamente; in effetti, nel copione iniziale, Bill sarebbe dovuto tornare nel suo tempo dopo essersi redento salvando la vita di due bambini vietnamiti durante un raid sul loro villaggio. Il tragico incidente costrinse la produzione a tagliare l’intera scena.
Secondo episodio – Il gioco del bussolotto
Remake di un episodio della serie classica del telefilm. Mr. Bloom si presenta in una casa di riposo per anziani dando la possibilità agli ospiti di tornare magicamente bambini, semplicemente dando calci ad un barattolo.
Terzo episodio – Prigionieri di Anthony
Remake di un episodio della serie classica del telefilm. Una donna investe per errore un bambino in bicicletta. Assicuratosi che il bambino stia bene, lo accompagna a casa dove conosce la sua famiglia: madre, padre, sorella e zio. Tutti sono stranamente ossequiosi con il bambino e la casa in cui vivono assomiglia stranamente a quella presente nel cartone animato che la famiglia vede continuamente. La verità è che quella non è la sua vera famiglia: grazie agli straordinari poteri di cui è dotato che gli permettono di materializzare ogni suo desiderio, il giovane tiene in ostaggio persone che ha attirato nella casa e che costringe a mangiare cose che piacciono solo a lui (come un hamburger con burro di arachidi) e a vedere sempre cartoni animati. I veri genitori del bambino hanno cercato di disfarsi di lui e la vera sorella si trova in una camera al piano di sopra su una sedia a rotelle; il ragazzo l’ha storpiata e privata della bocca così che non possa più rimproverarlo. Alla fine la protagonista, comprendendo che il bambino ha solo bisogno di una guida che gli permetta di controllare i suoi poteri e di una figura adulta che si prenda cura di lui, decide di portarlo via con sé e di stargli sempre accanto.
In questo terzo episodio, appare tra gli interpreti Bill Mumy, che da bambino interpretò proprio l’originale Anthony nella serie televisiva classica. Sempre in questo episodio, quando la signorina Foley chiede indicazioni al barista consultando una cartina, la donna rivela di essere diretta a Willoughby, cittadina nell’Ohio. Curiosamente, uno degli episodi della prima stagione, il preferito tra quelli scritti da Rod Serling per essa, s’intitola “Una sosta a Willoughby”. Tuttavia in quel caso la cittadina dell’episodio era solo immaginaria.
Quarto episodio – Terrore ad alta quota
Remake di un episodio della serie classica del telefilm. John Valentine, un commesso viaggiatore, in volo come al solito, vede un mostro che si diverte a fare a pezzi l’ala dell’aereo su cui sta viaggiando. Cercherà in tutti modi di dare l’allarme, ma nessun altro oltre lui vede il mostro. L’episodio ricorda i cosiddetti “gremlins”, creature che nei racconti dei piloti della Seconda Guerra Mondiale apparivano fuori dai finestrini degli aerei con l’intento di farli precipitare. Alla fine, quando tutto sembra risolto e lui se ne va in ambulanza dall’aeroporto, l’autista della macchina (nuovamente Dan Aykroyd) si gira e chiede al sig. Valentine se vuole davvero vedere qualcosa di realmente pauroso come avviene nel prologo iniziale.
Al termine del film “cofanetto” si ha l’idea di aver visto due storie ben realizzate e divertenti, quella di Dante e quella di Miller, mentre risulta mediocre quella di Miller (mal gestita dal principio) e addirittura scarsa quella Spielberg, noiosa e melensa. Jerry Goldsmith, autore delle musiche, compie un discreto lavoro ma anche qui si ha l’impressione di una caotica lavorazione. C’è poco da dire su una continua mancanza di cuore, L’idea che ballonza in mente allo spettatore è quella di assistere ad un collage fatto in fretta e furia senza una direzione concreta – quì probabilmente il nome di Spielberg è solo di facciata e il regista avrà più o meno modo di rifarsi con la serie Amazing stories (1985- 1987). Se non fosse stato per la tragica morte di Morrow e dei due bambini, forse il film avrebbe avuto più fortuna (non fu un clamoroso successo al cinema), ma nulla lo avrebbe salvato dall’evidente mediocrità. A conti fatti, se la pubblicazione fosse stata concepita per il piccolo schermo e con gli episodi separati l’uno dall’altro, probabilmente, sarebbero stati apprezzati di più. Resta quindi un prodotto valido per un pubblico di dodicenni (di oggi si intende, ma nemmeno ne sono così sicuro per motivi di datazione) abituati a rivisitare vecchie pellicole, dopo il ritorno feroce della 80’s generation. Plauso a John Lithgow, certamente il migliore dell’intera pellicola.
★★✬☆☆