Nato nel periodo adolescenziale di Walter Hill, colui che nel 1978 diresse I guerrieri della notte e il mitico 48 ore del 1982, rappresentò una rampa di lancio per alcuni attori come Diane Lane e Willem Dafoe, confermò la bravura di altri come Amy Madigan e Rick Moranis. Prodotto da RKO Pictures e dalla Silver/Gordon, uscì nelle sale il primo giugno 1984 non riuscendo a portare nelle casse della produzione un incasso sufficiente. Se al botteghino statunitense racimolò 8 milioni dollari, non fece meglio nel resto del mondo, riuscendo a superare di poco il budget iniziale di 14 milioni e mezzo. Neanche la critica apprezzò molto la pellicola: generalmente venne additata contro un’interessante messa in scena una sceneggiatura troppo blanda e personaggi altamente sopra le righe.
L’affascinante cantante Ellen Aim, assieme alla sua banda The Attackers, arriva nel quartiere di Richmond a Chicago per tenere un concerto. Durante la sua esibizione e nel caos generale provocato dalla folla spettatrice, un gruppo di malviventi motociclisti irrompe nel club e la rapisce. Il capo della banda chiamata The Bombers è Raven Shaddock (Willem Dafoe), il quale abita in una zona desolata e vuole sottomettere la zona di Richmond ai suoi piedi con atti vandalistici e violenza. Scampata alla furia dei malviventi, una ragazza di nome Reva, proprietaria di un bar della zona e stanca di essere vittima dei Bombers, decide di chiamare suo fratello Tom, un ex soldato che una volta era stato assieme ad Ellen e che si mette in azione per salvarla.
Strade di fuoco non si nasconde dall’essere un prodotto figlio di quel West side story (1961) che tante cose cambiò nel decennio dei grandi cambiamenti. In soldoni, dove il classicismo di Robert Wise e Jerome Robbins incontra la violenza suburbana di The Warriors ecco nascere Streets of fire, un film che non riesce a farsi apprezzare per due ragioni ampiamente visibili: una sceneggiatura ridicola (sempre Walter Hill) e un gruppo di caratteristi senza anima, fatta eccezione per Amy Madigan e il già talentuoso Willem Dafoe. Le caratterizzazioni sono assurde: da Parè che sembra una via di mezzo fra il più coatto dei Mickey Rourke e il Marlon Brando di Fronte del porto, a Rick Moranis che per quanto sia buffo parla sfacciatamente con il rischio di rimetterci la pelle per tutto il film, senza tralasciare Diane Lane (bellissima) elemento candidato a subire percosse per tutta la durata del film. Tutto il resto della pellicola è incredibilmente convincente, da una straordinaria collaborazione fra scenografia (John Vallone) e la fotografia (Andrew Laszlo) fino alla portentosa colonna sonora coordinata da Ry Cooder dove spiccano i brani scritti dal recentemente scomparso Jim Steinman – Tonight is what means to be young e Nowhere fast. Non passa inosservato il mix fra anni ottanta e cinquanta in cui si anticipano le scelte che Burton vorrà per il suo Batman (1989) mentre si intersecano i fumi dei tombini su asfalti bagnati e look stravaganti e auto d’epoca. Anche le scene d’azioni sono gestite molto accuratamente e in questo Hill non sbaglia. Il film, nel complesso, è un tipico lungometraggio alla MTV, con un montaggio ritmato che tanto piacque in quel periodo (Rocky IV ne è l’esempio più lampante) ma che stenta in modo grossolano nei suoi punti principali, gli attori e una storia davvero debole (cosa che però valeva anche per I guerrieri della notte).
★★★☆☆