Alex Proyas è qul tale che curioso che nel 1993 dirigeva le sequenze di quel film che avrebbe fatto entrare involontariamente nel mito Brandon Lee e che nel 1998 consegnò agli annali uno dei più sottovalutati film di fantascienza degli ultimi trent’anni, Dark City. Il tizio di cui sopra è Alex Proyas, che quattro anni dopo si darà al cinema commerciale con la rivisitazione del romanzo di Isaac Azimov I, Robot: star di quella pellicola è Will Smith e il successo al botteghino è assicurato. Passano ben sette anni e Proyas torna ancora nel grande tempio della fantascienza con un interessante progetto scritto da Ryne Douglas Pearson assieme a Julie Snowden e Stiles White: si tratta di Segnali dal futuro – Knowing nell’originale – e il protagonista è quello sciagurato di Nicolas Cage. Si, proprio quel Nicolas Cage che in pochi anni è riuscito a passare da attore di punta della Diseny a uno che lavora a robe come Left Behind – La profezia o Running with the devil. Nel cast troviamo anche i piccoli Lara Robinson e Chandler Canterbury, Rose Byrne, Ben Mendelsohn, Alethea McGrath e un piccolo ruolo per Liam Hemsworth.
La pellicola, prodotta dallo stesso regista per la Summit Entertainment, costata ben 50 milioni di dollari ne incassa oltre 180.
1959. Lucinda Embry è una giovane alunna di una scuola elementare di recente apertura a Lexington in Massachusetts. Per celebrare l’apertura della scuola viene indetto un concorso e l’idea vincente è proprio quella di Lucinda, in cui gli studenti sono chiamati a disegnare ciò che immaginano avverrà nel futuro. Le loro opere verranno conservate in una capsula del tempo che verrà aperta dopo cinquant’anni. Tutti i bambini realizzano dei disegni, tranne Lucinda, che riempie entrambe le facciate del foglio con una serie di numeri senza alcun apparente significato, guidata da alcune voci che le bisbigliano. Lucinda non riesce però a scrivere gli ultimi numeri, poiché la maestra, essendo scaduto il tempo assegnato per il compito, ritira i disegni di tutti. L’indomani, durante la sepoltura della capsula del tempo con dentro i disegni dei bambini, Lucinda si nasconde e la maestra, preoccupata, si mette a cercarla. La ritrova infine in uno stanzino della palestra, con le dita insanguinate perché aveva inciso con le unghie sulla porta gli ultimi numeri mancanti.
Passati cinquant’anni, nel 2009 una nuova generazione di studenti sta finalmente per aprire la capsula per visionarne il contenuto. Ad ogni bambino viene assegnato un foglio con i disegni dei bambini di cinquant’anni prima. La busta con il foglio di Lucinda finisce nelle mani di Caleb Koestler, il figlio di 9 anni del professore del MIT e astrofisico John Koestler, ancora profondamente scosso dalla morte della moglie avvenuta in un incendio un anno prima. Koestler, esaminando la sequenza dei numeri di Lucinda, si rende conto che si tratta di un messaggio codificato che predice, con perfetta precisione, data e numero delle vittime delle principali catastrofi che si sono verificate nel corso degli ultimi cinquant’anni. Tre degli eventi riportati tuttavia devono ancora accadere e una di queste date corrisponde proprio al giorno seguente. Per una coincidenza John è presente durante l’evento catastrofico: un terribile incidente aereo in cui perdono la vita 81 persone. John si rende conto casualmente, tramite il navigatore satellitare della sua auto, che il foglio di Lucinda contiene anche le coordinate geografiche degli eventi. Interpretando i numeri successivi, lo scienziato cerca di sventare il secondo evento, non ancora accaduto, ma nulla può contro un malfunzionamento tecnico e il conseguente deragliamento di un treno della metropolitana di New York che uccide numerose persone tra i passeggeri del treno e i viaggiatori in attesa alla stazione. John inizia a convincersi che la sua famiglia abbia un ruolo significativo in questi incidenti: sua moglie è morta prima proprio in uno degli eventi riportati da Lucinda, mentre il figlio è stato il primo a entrare in possesso del messaggio codificato. Nel frattempo il piccolo Caleb inizia a udire delle voci, proprio come accadeva a Lucinda…
Partiamo con il dire che questa storia parte davvero alla grande. Quello che sembra un classico film targato Disney si rivela un’inquietante vicenda che si protrae per mezzo secolo in attesa di ulteriori sviluppi. Da qui in poi inizia un sempre più pressante carosello di tappe scontate, scontatissime: con un piccolo sforzo cognitivo si è capaci anche di anticipare le mosse del protagonista – il solito svogliato Nicolas Cage che proprio non riesce ad apprezzare una parte decente in un film con mille spunti interessanti. Arrivati al termine del primo disastro profetizzato involontariamente dalla piccola Lucinda si è praticamente già soddisfatti e sembra di aver avuto a che fare sia con l’inceppato Number 23 di Schumacher che con The mothman prophecies di Mark Pellington.
A questo punto, dopo aver sfruttato le armi migliori che possedeva, Poryas si appella a quello a cui la fantascienza apocalittica degli ultimi anni è piuttosto legata, ossia il rapporto fra scienza e fede. Il personaggio di Koestler (Cage) è chiaramente implicato al 100% con questo binomio distruttivo: è vedovo, è alcolizzato, ha figlio che parla poco perchè è mezzo sordo, è figlio di un reverendo ed è un astrofisico e soprattutto è direttamente collegato ai tragici eventi che si stanno susseguendo negli ultimi tempi. Insomma, è vero che non si può creare il tutto con il nulla ma la sceneggiatura di Pearson dà l’idea di essere un pochino forzata e questo specialmente nel momento in cui , a maggior ragione quando sembra ch per la Terra non ci siano più possibilità di scampo.
Proyas dirige un film che dura ben due ore: la prima è godibilissima, la seconda è sciatta e coatta e, se proprio dobbiamo dirla tutta, il passaggio che va dalle profezie inquietanti e da corpi che bruciano ad un paesaggio new age con albero bianco e conigli salterini, ha qualcosa di decisamente sbagliato. La scelta di far precipitare drammaticamente la situazione sembra completamente fuori di testa.
Le musiche sono affidate al mestierante Marco Beltrami, mentre la fotografia è di Simon Duggan. Vanno menzionati gli effetti speciali, sì perchè nel 2009, anno in cui vedeva la luce Avatar di Cameron si poteva davvero fare qualcosa di meglio. Il disastro aereo e l’incidente in metropolitana sono montati piuttosto bene, ma se si fa caso ai dettagli sembra di avere a che fare con il meglio filmozzo Asylum.
Insomma, da uno come Proyas, ci si aspettava qualcosa di più..
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