Se l’anno prima era toccato ad un astro nascente come Christian Slater in California Skate, nel 1990 tocca ad un River Phoenix “wannabe” come il compianto Corey Haim, che per quanti non lo sapessero, fu un pò la versione maschile anni ’80 di Lindsay Lohan, ossia dotato di un grande talento ma vittima di cadute e ricadute fra alcool e droghe fino alla prematura morte avvenuta nel 2010.
Siamo a cavallo fra i due decenni e la California a quei tempi era vista sicuramente meglio dei tempi più recenti. Los Angeles, reduce dalle storiche olimpiadi del 1984 (quelle in cui non partecipò la Russia visto il proseguire della Guerra Fredda) diventa ancora più di prima teatro di diverse pellicole di successo e non. Considerando che la Citta degli Angeli è culla di culture multietniche, le strade della supercity sono un palcoscenico di tutto e il contrario di tutto: musica crossover, ricchezza e sfarzo contro degrado suburbano, bande afro, bande massicane, skinheads, punks, metallari, magnati immobiliari, famigliole per bene e quant’altro.
California Skate (1989) di Greame Clifford, benchè fosse un film a basso budget e senza pretese era uno dei tanti lavori della Hollywood di serie B, ma era un decoroso ritratto di una sfaccettatura di quella LA di cui sopra. Non fu un successo planetario ma la sua uscita echeggiò a sufficienza tanto da far mettere in cantiere un progetto simile. Alla regia Rick King, che tre anni prima aveva diretto l’interessante The killing time con Beau Bridges e Kiefer Sutherland ma che in seguito non godette di una sfavillante carriera.
Nel cast troviamo insomma Corey Haim, sex-symbol under 18 senza concorrenti all’altezza; Patricia Arquette nel periodo post Nightmare 3 (1987) e pre True Romance (1993); Christopher Collet che aveva lavorato nel super cult Sleepaway Camp (1983) e poi in The Manhattan Project (1986); spazio anche per Mark Pellegrino che avrà una seconda vita cinematografica anni più avanti.
Fatto sta che Prayer of the rollerboys, uscito nel novembre di quel 1990 non ebbe particolare successo… ma allora perchè parlarne?
In un futuro distopico, gli equilibri mondiali si sono completamente sovvertiti; tutto questo a causa del crollo dell’economia e a un’estrema circolazione di droga. In particolare, la banda dei Rollerboys, ragazzi che si muovono usando sempre pattini a rotelle, sta acquisendo l’intero controllo della città di Los Angeles. Dopo che il fratello facilmente influenzabile dell’adolescente Griffin entra sotto l’ala dei Rollerboys, il giovane viene contattato da Casey, una ragazza sua coetanea che in realtà è una poliziotta sotto copertura. Griffin viene così convinto a infiltrarsi a sua volta per garantire al fratello una vita migliore, distruggendo i Rollerboys e il loro capo, Gary Lee.
Se facciamo un pò di ordine mentale e se abbiamo visto altro di quel periodo così particolare, possiamo dire che Prayer of the rollerboys (questo il titolo originale) ha la capacità di mostrarci numerosi elementi di altre opere indipendenti in un collage funzionale dal ritmo incalzante. Ci sono frammenti di Classe 1999 (1989), di Point Break (1991) e Strange Days (1995) della Bigelow. Al di là di una strepitosa fotografia di Phedon Papamichael e delle interessanti musiche di Stacy Widelitz, è la sceneggiatura di W. Peter Illiff che rende questo filmetto qualcosa di ben più interessante: nel curriculum di Illiff ci sono Point Break, Giochi di potere (1992) e Varsity Blues (1999). Attenzione non ho detto che la sceneggiatura è l’asso nella manica.
Non è infatti tanto interessante lo svolgimento del plot quanto della visione dell’insieme di Illiff: la Los Angeles di questo futuro distopico è accattivante e tangibile – ricordiamoci che è stata scritta mentre il Muro di Berlino stava per essere buttato giù – dove i potenti stanno determinando nuove pericolose tangenti geopolitiche e i ceti medio-bassi sono facili prede di sette e gruppi rivoluzionari armati. In questo futuro l’America è “schiava” del loro nemico. Il Gary Lee predicatore di Chris Collet è un santone (razzista, neo-fascista?) che trasmette via tubo catodico – e anche grazie alla sua droga Mist – il suo messaggio e spinge le masse a condannare i propri genitori per il loro sperpetrare le ricchezze di una volta e a combattere il sistema giurando che i Rollerboys possono essere una nuova famiglia da cui ripartire. Non si può sostanzialmente catalogare questo film sotto un genere preciso, visti i risvolti satirici e l’eccessiva violenza in alcune scene: sembra di assistere ad un ibrido in cui hanno collaborato Bigelow, Terry Gilliam con un basso budget e Albert Puyn.
Prayer of the rollerboys è un filmetto che ha sfiorato il “direct-to-video” ma che ha ricevuto ben due candidature ai Saturn Award del 1991.
Non è un film indimenticabile, ha le sue pecche nel montaggio in cui si alternano alti e bassi, ma è recitato molto meglio di quanto si fa di solito per un qualsiasi B-movie. Ricordiamoci che in quegli anni c’erano case di distribuzione come la Artisan, la Lorimar e la New Wolrd che coccolavano i loro prodotti anche se non valevano tutti questi dollari e sapevano come venderli.
Provate a recuperarlo.
★★★☆☆
Hai detto ”poco”, provate a recuperarlo..
Io lo cerco da una vita questo film ma è introvabile, tu da quanto deduco lo hai visto o lo possiedi,
potresti aiutarmi in qualche modo?
Grazie
Ciao
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aaah ma tu l’hai visto in originale, ok scusa io pensavo in italiano 🙂
Grazie
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Si in originale. Penso sia anche più utile per capirne l’universo. Per la versione italiana eheheh…. l’è dura…
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prova intanto con questo. l’ho visto in originale. ora vedo se trovo di meglio.
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Molto dura, in VHS non è uscito da quanto ne so, lo avevano trasmesso su qualche tv privata
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