A fine 1984 il signor Paul Maskansky, produttore della pellicola antecedente a quella recensita in questo articolo, aveva portato nelle sue tasche ben 150 milioni di dollari contro una spesa irrisoria di 4,5. Il fenomeno Police Academy, banco di prova per molti attori semi esordienti e di una sceneggiatura basata sul nulla ma stracolma di gag e di una morale valida, venne accostato ai successi di film come Gremlins, Indiana Jones e il tempio maledetto, Ghostbusters e Beverly Hills Cop. La Warner Bros non ebbe alcun timore a chiedere un sequel alla casa di produzione The Ladd Company e Manslasnky si mise subito al lavoro per affidare ad un nuovo regista il nuovo progetto.
Venne ingaggiato Jerry Paris, regista di molti episodi di Happy Days, che sostituì Hugh Wilson, mentre gran parte del cast artistico tornò seppur con qualche dubbio sul potenziale della sceneggiatura. Tra i volti apparsi già nel primo film ecco Steve Guttenberg, Bubba Smith, Mario Ramsey, Michael Winslow, David Graf, Bruce Mahler e George Gaynes. A questi si aggungono Howard Hesseman, Bobcat Goldtwhait, Tim Kazurinsky, Art Metrano e Lance Kinsey.
Uscito nelle sale il 29 marzo 1985, con un budget di 7,5 milioni di dollari ne incassò 115 milioni, bissando così il successo del primo film seppur non agli stessi livelli. La conferma del successo al botteghino spingerà la Warner a produrre un terzo film – questa volta senza la Ladd Company – che uscirà l’anno seguente e così via, anno dopo anno fino al 1989.
Un’ondata criminale investe il sedicesimo distretto di polizia, comandato dal capitano Pete Lassard, il fratello di Eric. Il commissario Hurst, infuriato per l’alta frequenza di atti criminosi commessi nel distretto, affronta a muso duro il capitano. Quest’ultimo si giustifica dicendo che le ragioni dell’inefficienza del suo distretto sono riconducibili al numero esiguo di agenti, tra l’altro anziani e logori, che hanno bisogno di essere rimpiazzati. Il commissario, invece, pensa che sia necessario un nuovo capitano. Questo fa infuriare Lassard, il quale arriva al punto di alzare la voce contro Hurst e, addirittura, di insultarlo. Risentito per l’atteggiamento ostile di Lassard, Hurst gli dà l’ultimatum: se entro trenta giorni non rende efficiente il suo distretto, sarà licenziato.
Il capitano richiede almeno dodici uomini nuovi, ma ne riceve solo sei. L’acceso diverbio avviene davanti al tenente Mauser e al suo aiutante, il sergente Proctor: il tenente, dopo aver fatto una sviolinata al commissario, si propone quale sostituto di Lassard. Intanto Pete si rivolge a Eric, suo fratello, per avere aiuto. Quest’ultimo gli invia sei agenti: Mahoney, Tackleberry, Hooks, Fackler, Hightower e Jones e tutti e sei sono affidati ad agenti veterani con i quali far pratica. Tackleberry è affiancato all’affascinante sergente Kathleen Kirkland, il suo alter ego femminile. Anche se, all’inizio, il cadetto non accetta di buon grado di collaborare con una donna, tra i due nasce un’amicizia sempre più profonda che finisce per scoppiare in amore. Alla fine i due si sposeranno. A Mahoney, invece, tocca collaborare con Vinnie Schultman, un poliziotto trasandato e sporco. Vive in un piccolo appartamento molto disordinato con un gatto di nome Bonkie e un gigantesco cane di nome Lou, che porta sempre con sé in macchina. Hooks, invece, si ritrova in centrale insieme a Mauser e Proctor, mentre a Hightower è affidata la pattuglia appiedata senza affiancamento.
Agli inizi, le sei reclute e i loro addestratori sono protagonisti di autentici disastri, su tutti la distruzione del negozio del signor Sweetchuck, un uomo debole e minuto già vittima di numerose rapine. Proprio a causa del loro intervento maldestro e della gravità dell’azione, il misfatto esce sul giornale. I numeri non lasciano spazio ad interpretazioni: 1200 proiettili sprecati e danni per 76813 dollari. Intanto Mauser e Proctor progettano una serie di trabocchetti per far licenziare Lassard…
Possiamo dirlo con franchezza: questo sequel non è più debole rispetto al primo film. Ma questo non per causa di una sceneggiatura più solida, bensì per una nuova collocazione dei personaggi amati nel primo film e che, parzialmente scremati rispetto al numeroso cast del capitolo precedente, possono godere di un pò più di spazio per essere esplorati (un esempio, la storia d’amore di Tackleberry con la determinata Kirkland).
In pratica, se si ama alla follia l’accademia del primo film e anche di altri capitoli successivi, questo secondo atto spezza la routine e prende una coraggiosa tangente più introspettiva, pur sempre rimanendo fedele a toni stracomici. Quindi o lo si ama o lo si odia.
Le (mie) buone notizie non finiscono quì: i personaggi di Pete Lassard (un grandissimo Howard Hesseman) e di Zed di Bobcat Goldtwaith, istrionico comico che quì interpreta per la prima volta quello che diverrà un personaggio fra i più amati della saga (magistralmente doppiato da Leo Gullotta) danno una spinta ancora più energica ad un film che ha già i bulloni avvitati per la sua folle corsa. Si perdono invece un pò per strada i personaggi di Hooks e Hightower, mentre fanno davvero piacere le “nemesi” Art Metrano e Lance Kinsey, validissime alternative al subdolo personaggio del Capitano Harris di G.W. Bailey.
Tornando alla sceneggiatura va detto che la storia tende a mischiare le carte del primo film con appunto la ridistribuzione dei personaggi principali già apprezzati e una visione piuttosto comica di un tipico spaccato suburbano capitanato da un divertentissimo clown e una banda di improbabili cattivi da domare: sicuramente c’è anche un tributo nemmeno troppo celato de I guerrieri della strada del 1977.
Accompagnato dalla storica e intramontabile overture di Robert Folk, Scuola di polizia 2 è sicuramente un film davvero semplice ma che fa sempre piacere rivedere.
★★★☆☆