Il progetto portato a termine da Stephen Sommers (che all’epoca aveva già diretto cose come Le avventure di Huck Finn, Deep Rising e Mowgli – Il libro della giungla) è un sudatissimo compromesso fra la Universal, che da tempo voleva riportare in auge i classici dell’horror in stile anni trenta e quaranta e la compiacenza dei produttori James Jacks e Sean Daniels, i quali sin dagli anni ottanta si misero alla ricerca di una sceneggiatura valida ai piani alti della major e di un regista adatto al riadattamento. Tanti i grandi nomi che si sono succeduti in un arco temporale lungo una decina di anni, da Wes Craven a George Romero, da Mick Garris a Joe Dante: alla fine si optò per Sommers che non era così esoso e disposto a negoziare. La mummia infatti è un remake del classico omonimo con Boris Karloff del 1932 diretto da Karl Freund e, bensì fosse puntellato da alcune sequenze prettamente orrorifiche, la sua natura è quella di miscelare il buon Indiana Jones con il mistero esotico e trappole annesse.
Il cast capitanato da Brendan Fraser, oggi nome sulla bocca di tutti per la sua magistrale interpretazione in The Whale, è pieno di volti noti ai fedelissimi fan del cinema anni novanta, dalla splendida Rachel Weisz al comedy relief John Hannah, passando per i caratteristi Arnold Vosloo, Jonathan Hyde, Omid Djalili,
Eric Avari e il grande veterano Bernard Fox.
Il film uscì nelle sale il 7 maggio del 1999 ed incassò 416 milioni di dollari contro una spesa di 80 – un ottimo risultato considerando il corposo budget di allora.
Due i sequel e uno spin-off tutti garanzia di successo: recentemente si è vociferata la possibilità di un nuovo capitolo sempre con Fraser.
Egitto, 1279 a.C. L’alto sacerdote Imhotep, custode dei morti, ha una relazione con Anck-su-Namun, amante del Faraone Seti I. La donna è però di proprietà esclusiva del faraone: ad ogni altro uomo è vietato toccarla. Quando il faraone scopre il loro tradimento Imhotep e Anck-su-Namun lo uccidono e la donna si suicida per dare al suo amante il tempo di fuggire, certa che Imhotep l’avrebbe fatta resuscitare. Dopo la sua sepoltura, Imhotep penetra nella tomba trafugando il suo corpo e i vasi canopi. Insieme ai suoi sacerdoti, attraversa il deserto fino ad Hamunaptra, la città dei morti, dove iniziano la cerimonia di resurrezione. Prima che questa venga completata vengono fermati dalle guardie di Seti (i Medjay) e l’anima di Anck-su-Namun, con il rituale non concluso, viene rimandata nell’Oltretomba. Per il grave sacrilegio compiuto i sacerdoti di Imhotep vengono mummificati vivi, mentre a Imhotep viene imposta la terribile maledizione del Hom Dai, mai stata emessa prima: la sua lingua viene tagliata (pena per avere pronunciato il sacrilego rituale di resurrezione dell’amata) e viene seppellito vivo assieme ad innumerevoli scarabei carnivori. Il rituale fornisce vita eterna, obbligando il condannato a vivere in agonia per l’eternità. Viene seppellito con ogni precauzione, imprigionato in un sarcofago sotto la statua del dio egizio Anubi, e tenuto sotto sorveglianza dagli Horas, i discendenti delle guardie del faraone. Se Imhotep venisse sottratto ai vincoli eterni della sua pena, tornando in vita, egli si leverebbe come un non-morto causando un’onda di distruzione e morte sulla Terra.
Nel 1923, al Cairo, all’incantevole ed esperta ma ingenua bibliotecaria ed egittologa Evelyn Carnahan viene presentato un intricato cofanetto, che in seguito si rivelerà essere una chiave contenente una antichissima mappa, da suo fratello Jonathan, anche lui esperto archeologo ma ancora più goffo di lei, che le rivela di averla rinvenuta a Tebe. Dopo avere scoperto che la mappa porta alla leggendaria città di Hamunaptra, Jonathan rivela che effettivamente ha rubato la mappa da un avventuriero statunitense, ex ufficiale della Legione straniera francese, di nome Rick O’Connell, che al momento si trova in prigione. Rick ammette di conoscere la locazione della città perché la sua unità di legionari francesi raggiunse la città, ma venne sterminata dai tuareg. Rick stringe un patto con Evelyn per portarla ad Hamunaptra; in cambio Evelyn lo salva dall’impiccagione. L’accordo viene perfezionato grazie all’avido Capo della Prigione del Cairo, Gad Georgés Hassan, che viene fatto socio in cambio della vita di Rick, che diverrà la guida della spedizione. Durante il tragitto il gruppo incontra una banda di profanatori di tesori senza scrupoli guidata dagli statunitensi Burns, Henderson, Daniels e dal famoso egittologo Allen Chamberlain. La loro guida è Benit Gabor, un soldato legionario francese codardo che in passato tradì Rick per salvarsi la vita. Anche Benit, naturalmente, conosce la locazione della città perduta. Poco dopo avere raggiunto Hamunaptra entrambi i gruppi vengono attaccati dai Medjai, guidati da un tenebroso guerriero di nome Ardeth Bay, che li avverte del male nascosto nella città. Ignorando l’avvertimento le due spedizioni continuano a scavare nella stessa porzione della città. Evelyn cerca il Libro di Amon-Ra, forgiato in oro puro e contenente un’antica saggezza, ma invece si imbatte nel sarcofago di Imhotep. La squadra degli statunitensi invece, scopre la base della grande statua di Anubi e Chemberlain, incurante del pericolo, dà ordine a quattro scavatori indigeni di aprirla: i quattro muoiono a causa di alcuni sali nocivi fuoriusciti all’apertura, ma scoprono una cassa contenente il Libro dei morti e i vasi canopi contenenti gli organi preservati di Anck-su-Namun. Gli statunitensi Burns e Henderson non sono però soddisfatti. Nel frattempo Gad Hassan perde la vita, a causa del furto di uno scarabeo d’oro blu che ne nasconde uno vivo e carnivoro. La bestia gli penetra sottopelle, risale lungo il tronco fino al cranio. Hassan in preda al dolore corre senza controllo fino a sbattere violentemente e fatalmente la testa contro un muro, sotto gli occhi increduli degli altri. La stessa notte Evelyn, mostrando la sua insaziabile curiosità, sottrae il Libro dei Morti dalla tenda degli statunitensi e ne legge ad alta voce le pagine, risvegliando accidentalmente Imhotep e scatenando le dieci piaghe d’Egitto legate al suo risveglio. Tutti i presenti si rifugiano nei cunicoli di Hamunaptra dall’assalto di un enorme sciame di cavallette e l’archeologo statunitense Burns, rimasto indietro, è il primo a venire trovato dalla Mummia: viene aggredito da Imhotep, che gli strappa gli occhi e la lingua per rigenerare le sue membra orribilmente putrefatte….
Causa la sua ambientazione temporale, è un film che risente meno il passare del tempo: scenografie ed effetti visivi sono efficaci, poco da dire. I problemi sono certamente una sceneggiatura molto basica e una regia d’ufficio, non ci sono guizzi artistici da parte del settore tecnico anche per ciò che riguarda le musiche di Jerry Goldsmith. Mentre si può certamente elogiare il lavoro svolto da Brendan Fraser e il suo Rick O’Donnell non si può certo dire che siano alla stessa altezza i suoi colleghi, porprio a partire dalla Weisz – molto discutibile la sua performance – così come tutti gli altri fatta eccazione per il piccolo ruolo di Bernard Fox. Tutto sembra frutto di un giocattolone che possa accontentare tutti, ma non è così come sembra. Le falle causate da alcune sequenze abbastanza posticce e votate al divertimento anzichè alla serietà del prodotto originale del ’32 sanno di messa in scena per un tornaconto ben studiato a tavolino: questo accontenta si le casse della Universal ma non una buona fetta di pubblico, che per quanto possa essere divertito dalla giostra messa in piedi da Sommers resta inevitabilmente insoddisfatto per la scarsa tensione di un personaggio classico della cinematografia dell’orrore. Tutto sembra generato come un “arcade” dove si devono affrontare diversi ostacoli, fino al “boss” finale con la più tipica delle situazioni: l’eroe armato di coraggio, la bella legata e in procinto di essere sacrificata, il terzo incomodo utilissimo solo in un singolo frangente e fontana di battute stemperanti.
Resta comunque un film assolutamente godibile se affrontato con la totale spensieratezza e soffre pochissimi momenti di noia: in fin dei conti La mummia ci racconta una storia d’avventura a tinte horror senza mai prendersi sul serio e, forse in fondo, possiamo anche capire il perchè di quelle scelte in fase di produzione, quando molte sceneggiature con toni più dark vennero scartate. I risultati parlano chiaro.
★★★☆☆