Stand by me – Ricordo di un’estate (1986)

Stand by me_0Rob Reiner e Stephen King. Due volte ed entrambe buone. Reiner in fin dei conti non è un regista dal DNA da thriller, anzi: La storia fantastica, Harry ti presento Sally, Codice d’onore, Il presidente – Una storia d’amore. Eppure nel 1990 affronterà nel modo giusto la trasposizione di quel micidiale concentrato di suspense che è Misery non deve morire, con una stratosferica Kathy Bates, premio Oscar 1991. Cinque anni prima di Misery si mise al lavoro per portare in scena un racconto tutt’altro che spaventoso dello scrittore del Maine, una storia che ruotava attorno al ritrovamento di un cadavere di un ragazzo e la rottura della routine di quattro amici adolescenti tutti figli di quella Castle Rock che sarà teatro di tante altre storie scritte da King.
Stand by me è il film che fece incrociare molti destini di promessi attori, tanto che fa parte di quel gruppo di pellicole
Fu per quel quartetto un quasi debutto: Corey Feldman, caratterista che fino ai 18-19 anni ci ha dato prova di performance fantastiche prima di gettare la carriera alle ortiche a causa di alcol e droghe; Wil Wheaton che quì rincontra Richard Dreyfuss (anche se interpreta lo stesso personaggio nella versione giovane) dopo la loro collaborazione nel dramma di Glenn Jordan La forza dell’amore, non avrà una carriera così fortunata se non che a un certo punto tornerà come se stesso nella sitcom Big Bang Theory; River Phoenix, fratello di Joaquin e grande esempio di wasted youth per la sua prematura scomparsa a soli 23 anni, avrebbe poi lavorato in numerose pellicole come Mosquito Coast e Indiana Jones e l’ultima crociata con Harrison Ford, Nikita – spie senza volto, Belli e dannati e I signori della truffa accanto a Robert Redford; Jerry O’Connell, il più giovane del gruppo avrà alti e bassi, fra piccolo e grande schermo lavorando comunque in pellicole di discutibile qualità. Stand by me_4
Ruolo di contorno per Kiefer Sutherland, qui nel ruolo dell’antagonista, per Richard Dreyfuss che appare per poco più di due minuti e per John Cusack in un ruolo minore ma molto importante.
Stand by me uscì nelle sale nell’agosto del 1986 mentre in Italia arrivò nella primavera dell’anno successivo: in entrambi i casi si rivelò un successo.
Non riceverà premi ma sarà candidato agli Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e due nomination ai Golden Globe.

Gordon “Gordie” Lachance legge su un giornale della morte di Chris Chambers, un suo amico d’infanzia, e ripensa a un’avventura accaduta nell’estate del 1959: Gordie, Chris, Teddy Duchamp e Vern Tessio sono quattro amici dodicenni che vivono nella piccola cittadina di Castle Rock nell’Oregon e si preparano a passare al ginnasio. Un giorno Vern, cercando dei soldi che aveva sotterrato, ascolta per caso una conversazione tra suo fratello maggiore Billy e un amico. Viene così a conoscenza che i due, dopo aver rubato una macchina per fare un giro fuori città, si sono imbattuti casualmente nel cadavere di un ragazzino e non ne hanno denunciato il ritrovamento alla polizia a causa del furto appena commesso.Stand by me_2
Vern corre a raccontarlo agli amici, i quali intuiscono che si tratta del corpo di Ray Brower, un ragazzo scomparso tre giorni prima dopo essersi allontanato da Castle Rock per raccogliere mirtilli. I quattro ragazzi, spinti dal desiderio di riscattarsi e diventare degli eroi agli occhi di tutti, decidono di andare alla ricerca del corpo e si mettono in cammino lungo i binari della ferrovia. Questa avventura permetterà loro di confrontarsi e di crescere interiormente…

Basato su una sceneggiatura di Raynold Gideon e Bruce A. Evans, Stand by me ricalca piuttosto fedelmente il racconto di King tranne che per due dettagli molto curiosi: il primo è che il titolo, molto criticato, doveva essere identico a quello del libro ma non si potè più modificare poichè venne depositato anticipatamente; il secondo è che senza una precisa ragione i fatti sono ambientati in Oregon e non nel Maine (entrambi gli stati possiedono una città chiamata Portland, nome che viene citato nella storia).
Reiner, maestro nel gestire gli attori nelle scene statiche, da ampio respiro ai personaggi e alla loro crescita; lavora con cura alle loro sfaccettature e in meno di 90 minuti ne rimaniamo affezionati. Tutto il viaggio, che ha lo scopo di ritrovare un corpo di un giovane ragazzo, si rivela involontariamente un’analisi introspettiva dei giovani protagonisti e le loro burle, condividere le loro paure, le loro certezze e le incertezze: infine affrontare separatamente i loro destini.

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Il film quindi rende omaggio alla reale condizione di fine anni cinquanta in cui lo scrittore è cresciuto (classe 1947), un affresco di come la vita di provincia americana veniva vissuta di giorno in giorno tra pardi violenti e alcolizzati, famiglie disgregate da tragedie imprevedibili, gli strascichi della Seconda Guerra Mondiale e la Guerra di Corea, il bullismo e la redenzione.
Il raro esempio di racconto non fantastico né di paura del Maestro è diretto senza paura e lascia un segno profondo nello spettatore senza che ci siano particolari shock o momenti di alta drammaticità. Non sarei comunque sorpreso di una critica di segno opposto.

★★★✬☆

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