Labyrinth – Dove tutto è possibile (1986)

Labyrinth_0Dopo l’inatteso successo con il fiabesco The Dark Crystal (1982), Jim Henson – papà dei Muppets prematuramente scomparso a soli 53 anni – in collaborazione con la Lucasfilm fresca della trilogia classica di Star Wars, porta in scena un’altra fiaba visionaria scritta assieme a brian Froud e Dennis Lee e successivamente sceneggiata da Terry Jones dei Monty Python. L’anno è il 1986 e il titolo è Labyrinth, film che lancia la carriera di Jennifer Connelly, che era già apparsa nell’horror Phoenomena (1985) di Dario Argento e ovviamente dopo il ruolo in C’era una volta in America (1984) di Sergio Leone. Nel cast c’è giustamente da ricordare la partecipazione di David Bowie, magnifico antagonista musicale Jareth e di Frank Oz e Warwick Davis, nomi spesso correlati a quello di George Lucas.
Come spesso accade per alcuni titoli oggi nostalgici, anche Labyrinth non fu un successo cinematografico ma recuperò molti soldi sul circuito home-video, all’epoca in fortissima espansione così come negli anni successivi.
Nel 2006, quindi a vent’anni di distanza dalla distribuzione del film, uscì un fumetto in versione manga, chiamato Ritorno a Labyrinth e considerato come unico seguito della storia originale.
Sarah è una quindicenne figlia di genitori separati; la madre è una attrice famosa, mentre il padre si è risposato con una donna che lei non accetta e si rifugia spesso in un mondo di fiabe. Una sera la ragazza deve fare da baby sitter al fratellino Toby, spaventato da un temporale. Labyrinth_3Sarah prova a calmarlo raccontandogli la storia contenuta nel suo libro preferito (intitolato The Labyrinth), di una ragazza che ha ricevuto dei poteri speciali dal Re dei Goblin. Nel libro la ragazza non sopporta più la sua vita e desidera che i goblin portino via suo fratellino. Sarah si immedesima con la protagonista del libro ed invoca i goblin di portare via Toby. Quando spegne la luce, immediatamente il pianto di Toby tace: tornata nella stanza, scopre che i goblin hanno rapito davvero il bambino. Appare un barbagianni che si trasforma nel re dei goblin Jareth e le rivela di aver rapito il bambino come lei ha chiesto. Le ha anche portato un regalo: una sfera di cristallo in cui, dice, sono contenuti i suoi sogni. Offeso ma scherzoso, quando Sarah rifiuta il dono e dice di rivolere il bambino indietro, Jareth le dice che ora Toby si trova nel suo castello, al centro di un di un fantastico labirinto e le dà 13 ore di tempo per trovarlo prima che diventi anch’egli un goblin. Sarah è quindi costretta ad inoltrarsi nel labirinto, per riportare Toby a casa…

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Come per The Dark Crystal, Labyrinth è un film che affida molto di se agli effetti speciali, quelli nostalgici della meccanica e non della CGI, che nel 1988 con The Abyss (1989) avrebbe dato il via alla nuova era dell’effettistica fino ai giocattoloni straordinari come ad esempio gli attuali Avengers o Animali Fantastici, tanto per citare roba recente: stiamo quindi parlando di uno degli ultimi film fantasy di fatica, un film dove si sprigionano tutte le virtù di Henson, marionettista/cineasta che ha da sempre mantenuto un contatto diretto con l’infanzia, dove il bambino non si cura dell’esistenza dei fili e crede che il personaggio, piuttosto statico nei movimenti, sia vivo e vegeto, cosi come fu per i primi Muppets, così per The Dark Crystal. Labyrinth è un mondo visionario allietato dalla presenza di creature divertenti e giocherellose, dove le alte mura che nascondono i suoi lunghi passaggi tendono più ad essere identificate come il muro che separa l’innocenza dell’infante dalla cruda realtà della vita reale. Henson alla fine ci regala l’abbattimento di questa barriera, dando prova che alcune creature possono vivere per sempre accanto a noi pur se non siamo più bambini. Serve solamente crederci.
In un mondo così genuinamente fittizio, si sfidano una giovane Jennifer Connelly e David Bowie, delizioso principe dei Goblin, più giullare che spietato e molto vicino ai suoi personaggi dei suoi album. Musiche di Trevor Jones in collaborazione con lo stesso Bowie. A mio modesto parere, Henson resta un genio del passato ma fa inevitabilmente parte della schiera “o lo ami o lo odi”.

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