Identità (2003)

IdentitàLe storie di mistero, i psico-thriller e le trame contorte dove ci si deve un pò concentrare per capirne il significato rappresentano uno se non il mio sub-genere preferito. Identità di James Mangold, il regista dello struggente Copland (1997) è un contemporaneo omaggio al best-seller di Agatha Christie “Dieci piccoli indiani” che può vantare di un cast di star di primo livello e una poderosa produzione alle spalle. Troviamo i validissimi John Cusack, Ray Liotta e Amanda Peet in primo piano, Jake Busey, Rebecca de Mornay, Pruitt Taylor Vince, John C. McGinley, Clea Duvall, John Hawkes e Alfred Molina in seconda fila. Il film uscito negli Stati Uniti ad aprile 2003, è stato giudicato positivamente dalla media dei critici ed è stato un buon successo: costato 28 milioni di dollari ne ha incassati 90 in tutto il mondo e ed è stato nominato come miglior film ai Saturn Award.

Una notte sotto un incessante temporale, un motel lungo una strada interrotta alle due estremità. È qui che si incontrano dieci estranei per ripararsi dalla pioggia battente: un uomo con la moglie morente e il bambino di lei, un ex poliziotto ora autista di limousine, un’attrice, una squillo, una coppia di giovani, un poliziotto e lo psicopatico carcerato che trasporta, ed il gestore del locale. Un misterioso killer comincia ad uccidere uno ad uno gli ospiti del motel, lasciando Identità_2addosso una chiave per ciascuna vittima e come in un conto alla rovescia inesorabile, aumentano le angosce, il terrore e i sospetti sui restanti. Intanto lo psicopatico assassino seriale Malcom Rivers, che dovrà essere condannato a morte entro poche ore, viene portato d’urgenza davanti al giudice incaricato della sua esecuzione, perché il suo avvocato ed il suo analista sono convinti di poterlo far riconoscere insano di mente, salvandolo dalla pena capitale.

C’è un pò di Lynch, di Kubrick e di De Palma in questa apparente trama banale che si prende gioco del romanzo della scrittrice inglese e depista lo spettatore. Mangold però non si perde in un bicchiere d’acqua e costruisce una storia fatta di oscure presenze, domande e almeno tre colpi di scena spiazzanti che non si lasceranno incapsulare negli ultimi dieci minuti ma lungo tutto il corso del film. È attraverso i volti dei malcapitati, interpretati brillantemente da uno stordito John Cusack e da un troppo sospetto Ray Liotta, che siamo portati a capire qualcosa. Identità_4I lampi, i tuoni e la pioggia incessante non fanno altro che complicare la situazione e c’è da sfregarsi le mani. Il duro lavoro tocca quindi al montaggio che esalta i momenti topici valorizzando la qualità sia dei colori scelti Phedon Papamichael che la scenografia di Cindy Carr. Il gioco della decostruzione del puzzle per poi ricomporlo funziona di certo e questo sia per il depistato punto di vista dello spettatore, felicemente tradito praticamente da subito, sia per le molteplici “deviazioni” narrative che non fanno altro che farci sbandare e intontirci. Agatha è stata certamente omaggiata in un modo più che corretto. Musiche di Alan Silvestri.

★★★✬☆

 

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