Dopo che il secondo match tra il campione dei pesi massimi Apollo Creed e lo sfidante Rocky Balboa si è concluso con la clamorosa vittoria dell’italo-americano, i produttori Irwin Winkler e Robert Chartoff chiedono a Stallone (soggettista, sceneggiatore e regista) di voltare pagina e la creazione di una nuova sfida per il pugile. Rocky III è non solo il film dell’affermazione per il personaggio tanto amato dagli spettatori, ma è anche la commercializzazione del prodotto “Rocky” quanto stereotipo e icona pop del cinema moderno. È il 1982, gli anni ’70 sono finiti, ed è il momento del giro sulla ruota panoramica del lusso sfrenato di un’America che sfida a colpi di cinema la Russia di Gorbaciov. Reagan, al termine del suo storico mandato (1988) dichiarò che Rocky Balboa era stata “l’arma più potente per portare la pace tra i due mondi”. Rocky III e Rocky IV rappresentano in modo perfetto la prosperità dell’economia degli USA negli anni ’80, veri manifesti di una nazione mai doma che si è imposta sul mondo con la forza delle proprie armi, ma anche grazie ad eroi fittizzi. Il terzo capitolo di Rocky uscì nei cinema il 28 maggio del 1982, incassando ben 270 milioni di dollari, una cifra monstre per l’epoca e, grazie alla mitica hit dei Survivor Eye of the tiger, venne candidato ai Premi Oscar e ai Golden Globe per la miglior canzone originale.
Rocky Balboa, divenuto il nuovo campione mondiale dei pesi massimi, difende il titolo mondiale per ben dieci volte. Quando pensa di aver raggiunto oramai l’apice della sua carriera, Rocky decide di eseguire un show di beneficenza combattendo contro il wrestler Thunderlips (Labbra Tonanti); subito dopo questo show, Rocky va giorni dopo al Philadelphia Museum of Art e qui, sotto la sua statua, annuncia il suo ritiro definitivo dal pugilato. Proprio nel momento in cui dichiara il suo ritiro, però, arriva un pugile afroamericano proveniente da Chicago di nome Clubber Lang, che lo sfida ad un incontro mondiale. Rocky rifiuta, ma Clubber lo provoca dicendogli che lo fa solo perché vuole scappare da lui. Così Rocky, in preda alla rabbia, accetta di rimettere in palio il suo titolo mondiale, ma Mickey lo pianta in asso, sicuro della sconfitta del suo allievo. Rocky chiede al suo vecchio allenatore di aiutarlo solo per questa volta, promettendogli che dopo questo incontro si ritirerà: Mickey accetta. Il giorno del match, nel corridoio che precede l’entrata dello stadio, Clubber provoca una rissa e Mickey viene colto da un infarto. Rocky vorrebbe annullare l’incontro, ma il suo manager gli ordina di salire ugualmente sul ring e resta negli spogliatoi con Adriana. Rocky affronta Clubber, ma è preoccupato per le condizioni di salute del suo manager e viene sconfitto al secondo round per K.O. perdendo così il titolo mondiale. Tornato negli spogliatoi, Rocky assiste impotente alla morte di Mickey. Dopo aver partecipato al funerale, Rocky va nella vecchia palestra dove si allenava una volta e qui incontra il suo ex rivale Apollo Creed, che subito gli propone di fargli da allenatore per prepararlo alla rivincita contro Lang: Rocky accetta e parte insieme a lui, Adriana e Paulie per Los Angeles. Apollo porta Rocky nella palestra dove ha iniziato, nella quale incontra il suo vecchio allenatore Tony Evers. Gli allenamenti però iniziano male, in quanto Rocky è chiuso in sé stesso, sentendosi colpevole per quello che è successo a Mickey.
Dopo aver provato più volte a riportarlo alla ragione, Apollo abbandona Rocky a sé stesso cosicché possa riflettere…
Rocky III è certamente un film furbo che può essere accettato o no. A differenza dei primi due film dove è tangibile la difficoltà di trovare un posto nel mondo, in cui la situazione economica ha un peso notevole sul personaggio e sulla sua compagna Adrian, quì, dopo il successo ottenuto e i media che sfruttano fino all’osso il brand Rocky, distogliendolo dall’agonismo, c’è il momento della grande perdita e della paura di non potersi rialzare più. Il “nemico” storico Apollo, decide di aiutarlo nella risalita (probabilmente anche per aiutare se stesso) e per riprendersi ciò che gli è stato tolto. Il nuovo ostacolo è interpretato da un ottimo Mr.T, cattivo e incattivito pugile affamato di vittorie, un personaggio che non si ferma a sfottere il campione in carica distratto dalla popolarità e dai vestiti firmati, ma anche con i giornalisti, il settore sportivo tutto, sfruttando i media per incutere paura. C’è spazio anche per il wrestler Hulk Hogan, all’epoca star indiscussa della Federazione, in un divertente siparietto in cui inizialmente lancia Stallone fuori dal ring per poi fare la stessa fine. Rocky è qui un personaggio meno stupido (il perchè non è dato saperlo) dei capitoli precedenti, anzi a dirla tutta è un uomo elegante che rappresenta in modo impeccabile se stesso come brand, moralista e gentiluomo, impostato e a suo agio davanti alle telecamere, a differenza di Rocky II in cui aveva difficoltà a leggere il gobbo. Stallone fa evolvere, quindi, il suo “amico storico” e lo trasforma in un uomo d’affari che però ha perso la fame di vittorie, carenza che pagherà ad altissimo prezzo. Da elogiare le interpretazioni di Carl Weathers (Apollo) e Burgess Meredith (Mickey), sempre ottima Talia Shire che si conferma una grande professionista.
Il film è anche semplicemente il più coatto di tutta la saga in cui, dopo i trionfali titoli di testa, ecco la storica “Eye of the tiger” (versione adattata al film leggermente differente da quella radio edit) che ci fa fare un delizioso viaggio di due minuti nella prosperità americana dei primi anni ’80. Le emozioni sono sempre grandi, non si discute, come la morte di Mickey e l’amara sconfitta con Clubber Lang, e poi il classico Training montage prima della battaglia finale. Alla fine, lo spettacolo offerto da Rocky III è nettamente superiore ai suoi predecessori, più sfarzoso più epico, ma perde inevitabilmente alcuni valori puri del messaggio iniziale, “l’uomo vince anche senza la vittoria”.
★★★☆☆
Una risposta a "Rocky III (1982)"