Virus letale (1995)

outbreakDurante gli anni ’90, il genere catastrofico o le storie di minacce apocalittiche visse la sua seconda giovinezza. Tanti i titoli che vanno ricordati: Independence Day, Dante’s Peak, Twister, Volcano, Armageddon, Deep Impact, The core. Leggermente diverso il caso di Outbreak del 1995, basato sul romanzo The Hot Zone di Richard Preston, diretto da Wolfgang Petersen (La storia infinita, Nel centro del mirino, Troy) e interpretato da un cast stellare dal peso di 7 premi Oscar: Dustin Hoffman (2), Morgan Freeman (1), Rene Russo, Donald Sutherland (1, alla carriera), Kevin Spacey (2), Cuba Gooding Jr. (1) e un giovane Patrick Dempsey.
Sebbene non abbia esaltato la critica, il film targato Warner Bros. e prodotto dal quartetto Gail Katz, Aronld e Anne Kopleson e lo stesso Petersen, ha incassato quasi 200 milioni di dollari contro una spesa di 50 milioni.

Negli anni sessanta, in un accampamento americano in Zaire, scoppia una misteriosa epidemia e vi sono coinvolti anche militari americani. Il governo, invece di inviare soccorsi, ordina di sganciare una bomba ad alto potenziale sull’accampamento distruggendolo completamente. Trent’anni dopo, Sam Daniels, colonnello e ricercatore medico dell’esercito, viene inviato insieme ai suoi collaboratori Casey Schuler e il Maggiore Salt in un piccolo villaggio in Africa per indagare su un nuovo tipo di virus, simile all’ebola ma molto più potente. I tre scoprono che il virus attacca le cellule ad una velocità impressionante, uccidendo il contagiato in meno di 72 ore, ma non si trasmette per via aerea. outbreak_1Tornati in patria, Sam cerca di avvertire il suo diretto superiore, il generale Billy Ford, della pericolosità del virus, ma viene ignorato e l’esistenza stessa del virus non viene resa pubblica, sotto ordine perentorio del generale Donald McClintock. Neanche l’ex moglie di Sam, Robby Keough, da poco trasferitasi ad Atlanta, dà ascolto a Sam quando lui cerca di metterla in guardia sulla pericolosità del virus, considerando superfluo dare l’allarme poiché troppo poco probabile che un virus del genere possa diffondersi in America. Il virus è lo stesso che negli anni sessanta aveva colpito l’accampamento americano. Era stata creata una cura sperimentale, ma l’intera faccenda era stata insabbiata poiché l’intenzione dell’esercito era di fare di quel virus un’arma batteriologica. Il contagio arriva in America a causa di una scimmietta che viene trasportata su una nave fino ad un deposito e poi rubata da uno dei guardiani che aveva cercato di rivenderla ad un negozio di animali. Non riuscendoci, l’aveva liberata in un bosco vicino. outbreak_3.jpgLa malattia si diffonde a Cedar Creek tramite il guardiano e il proprietario del negozio di animali, e la cittadina viene messa in quarantena. Superando le ostilità dei suoi superiori e rischiando anche l’arresto, Sam Daniels comincia a studiare il virus direttamente a Cedar Creek, rendendosi conto che hanno a che fare con una forma di virus mutata rispetto a quella analizzata in principio, più resistente e con un potenziale di contagio più alto: infatti si diffonde anche per via aerea…

Sottovalutato, tristemente sottovalutato. La maggior parte della critica ha attaccato in modo feroce la sceneggiatura di questa bella prova di Petersen, regista che può vantare più flop che top movies nel suo curriculum. Girato con cura e dando molto spazio a questo formidabile cast è un film che riesce a miscelare attentamente tensione, azione e il parlato: i confronti Hoffman-Freeman sono una lezione di recitazione, le espressioni maligne di Sutherland un manuale d’istruzioni su come essere un villain senza impugnare un’arma, l’ironia della coppia (inusuale) Hoffman-Russo semplicemente magnetica. outbreak_2Meno spazio per le virtù del duo Spacey-Gooding Jr. ma per loro è solo questione di tempo. Virus letale, come detto sopra, vanta anche di una palpabile tensione distribuita sapientemente nelle oltre due ore di visione, tempo in cui la minaccia virale è capace di incutere timore nello spettatore e, minuto dopo minuto, avanza implacabile fino alla fortunosa soluzione dell’enigma, poi si entra nel più classico finale made in USA, ma si ha l’impressione di essere stati pienamente appagati. Appendice per noi italiani: la squadra di voci che si occupa del doppiaggio di questo blockbuster è il meglio che il 1995 può offrire: Amendola (Hoffman), Mori (Freeman), Boraschi (Russo), Graziani (Sutherland), Barbetti (Dye).
In chiusura va applaudito il lavoro di Ballhaus per la fotografia, classico ma efficace.

★★★✬☆

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