Copycat – omicidi in serie (1995)

01388304Basato su una robusta sceneggiatura di Ann Biderman e James Madsen, è un film che solo in apparenza ricalca le impronte del più famoso Il silenzio degli innocenti (1991) di Jonathan Demme. Come per quest’ultimo è un thriller semi psicologico in cui è la donna la protagonista, o meglio le donne, visto che le eroine hanno il volto di Sigourney Weaver e Holly Hunter. Jon Amiel, vecchio volpone con la passione per la suspense, crea a tutti gli effetti il suo personale Seven, affidando la sua creatura al panciuto portafogli di Arnon Milchan e la sua Regency Enterprises. Uscito nelle sale il 27 ottobre 1995, incassò circa 54 milioni di dollari a fronte di un budget di 20 milioni.

A San Francisco due investigatori indagano su un serial killer. La coppia è formata da una donna, M. J. Monahan, e dal giovane Ruben Goetz, segretamente innamorato di lei e per questo malvisto dal suo ex che lavora nello stesso ufficio. copycat I due chiedono aiuto alla psicologa criminale Helen Hudson, che non può uscire dal suo appartamento a causa della sua agorafobìa e d’un esaurimento nervoso che la porta a mischiare farmaci e alcool per superare l’angoscia che il suo vecchio persecutore, l’assassino Daryll Lee Cullum, possa evadere dal carcere. La donna lavora col suo computer in cui ha un vasto archivio di delitti seriali ed è supportata dal suo assistente gay Andy. Dopo un’iniziale riluttanza, la dottoressa accetta di collaborare con la polizia e scopre che l’omicida riproduce fedelmente le scene del crimine di famosi omicidi del passato… (fonte Wikipedia)

C’è una palpabile passione per la violenza nei 123 minuti di questo thriller di Amiel, una violenza che va oltre il concetto della brutalità delle scene di omicidi, bensì una psico-violenza fondata sull’agorafobia della protagonista Weaver (bravissima) e che deve condividere il palco con Holly Hunter, cinica e minuta (ma all’altezza della sua collega). copycat (1)Il vero punto di forza del film è una tensione che non scende mai nemmeno quando il killer (un chiunque) rivela il suo volto, dato che non è la parte più rilevante. Ottimo lavoro di Christopher Young il quale compone uno score teso basato su un mix di piano e viole, mentre Amiel si diverte a storcere ed angolare le riprese per aumentare lo stato d’ansia. Probabilmente troppo lungo (potevano essere tolti almeno 15 minuti), ma non così tanto da danneggiare il risultato finale. Molto intenso il personaggio interpretato da Mulroney, male invece il pervertito di Cornick Jr. Da vedere durante una serata infra settimanale magari quando fuori diluvia.

★★★✬☆

Rispondi