Psyco (1960)

PsycoIl personaggio di Norman Bates è uno dei più famosi del cinema di suspence di sempre. Il giovane albergatore, magistralmente interpretato da Anthony Perkins, è ispirato al serial killer degli anni ’50 Ed Gein. Alfred Hitchcock, probabilmente uno dei migliori cinque registi che abbiano lavorato ad Hollywood, gira fra la fine del 1959 e l’inizio del 1960, il più emblematico thriller della storia cinematografica, un film che rappresenta un simbolo iconografico, una pietra miliare che merita di entrare in qualsiasi videoteca privata. Un film che ottenne 4 candidature ai Premi Oscar senza vincerne una, ma lasciando un segno indelebile nella storia del cinema, capace di dare un taglio netto al buonismo e aprendo nuovi orizzonti, mostrando un’oscura e sconosciuta camera della mente umana. Non si può certo dimenticare la scena della doccia con Janet Leigh, nè tantomeno il cadavere di mamma Bates in cantina, l’omicidio di Arbogast o lo sguardo finale di Norman che cerca lo spettatore su quel dispersivo sfondo bianco. Con un irrisorio budget di 800.000 dollari Psyco incassò la bellezza di 50 milioni di dollari. Nel 1982, a ventidue anni di distanza, uscì il suo seguito Psycho II (stavolta con l’acca) diretto da William Friedkin, un film certamente molto più basso per qualità, ma anche molto sottovalutato.

La bella Marion Crane (Janet Leigh) segretaria di un’agenzia immobiliare, è segretamente innamorata di Sam Loomis (John Gavin), proprietario di un ferramenta. un giorno, invece di andare a depositare l’ingente cifra di 40Psyco2 mila dollari in banca, su ordine del suo superiore, scappa con la sua macchina e, dopo un lungo viaggio fatto di strade dritte e di paranoie, si imbatte in un potente temporale. La pessima visibilità la porta a sbagliare strada e a trovarsi di colpo davanti ad un motel su una strada poco trafficata. La donna, stanca del viaggio, cerca riparo per dormire e si imbatte nel giovane proprietario del motel, Norman Bates. La donna oltre alla dimensione piuttosto sinistra del luogo, scorge una vecchia casa in cima ad una collinetta poco distante dalle stanze del motel. Dopo aver preso la stanza no.1, Marion viene cordialmente invitata a cena dal ragazzo a casa sua, ma per un acceso diverbio fra Norman Psyco3e sua madre malata che non vuole estranei nella sua abitazione, la cena salta e Norman può solo dare alla ragazza un sandwich. Marion prima di andare a dormire vuole darsi una rinfrescata e durante la doccia qualcuno la uccide a coltellate. Intanto Sam e la sorella di Marion, Lila (Vera Miles), si mettono in cerca della ragazza scomparsa…

Psyco (o Psycho) non è solo un film thriller, Psyco è il thriller per eccellenza e, curiosamente non fu subito apprezzato dalla critica, considerando l’epoca. La grandezza del film, come ha detto Truffault non è nei personaggi ma “il montaggio dei pezzi del film, la fotografia, la colonna sonora e tutto ciò che è puramente tecnico possano far urlare il pubblico. Credo sia una grande soddisfazione per noi utilizzare l’arte cinematografica per creare una emozione di massa. Psyco4E con Psyco ci siamo riusciti. Non è un messaggio che ha incuriosito il pubblico. Non è una grande interpretazione che lo ha sconvolto. Non è un romanzo che ha molto apprezzato che l’ha avvinto. Quello che ha commosso il pubblico è stato il film puro”. Difatti il fattore che probabilmente ha donato a Psyco la sua elettrizzante vitalità è certamente la musica di Bernard Hermann, spezzettata ed impazzita come frammenti di una mente disturbata, miscelata con il crudele gioco degli specchi che mostra i doppi delle persone. Da un romanzo di Robert Bloch, sicuramente più cattivo nelle scene più violente. Nel 1987 nacque lo spin-off “Il motel della paura” che doveva essere il pilota di una serie televisiva: il risultato fu deludente e il film trovò spazio solo per la tv e per il mercato home-video. Dal film di Hitchcock nacquero dopo molti anni tre seguiti, ma solamente il primo di questi merita interesse.

Due curiosità: casa Bates è visibilmente riconoscibile nella locandina italiana de La casa (1981), Chi è sepolto in quella casa? (1986) e La Casa 7 (1989) – una casa simile è quella disegnata da Casaro per la locandina italiana di “Sola… in quella casa” (1988); il remake di Gus Van Sant del 1998 è un film discreto, ma è una quasi esatta fotocopia dell’originale e tutta l’atmosfera si perde con l’inserimento del colore.

★★★★★

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