L’avvocato del diavolo (1997)

l'avvocato del diavoloL’Avvocato del Diavolo, rappresenta un punto saldo della seconda parte degli anni novanta, un periodo in cui si sono visti obbrobri e ottimi esempi di opere commerciali ma che si distinguono per la qualità e per il successo ottenuto, questo prescindendo dal giudizio complessivo. Eccone un esempio.
Basato su un romanzo scritto da Andrew Nederman e sceneggiato da Jonathan Lemkin e Todd Gilroy, questo elegantissimo thriller diretto da Taylor Hackford vede l’incontro per la prima volta fra Keanu Reeves, fresco del successo di Speed (1994) ma ancora non arruolato nel cast di Matrix (1998), incontrare Al Pacino all’inizio della sua seconda parte di carriera. Nel cast va segnalata la presenza di una quasi novizia Charlize Theron, di Jeffrey Jones (storico preside di Una pazza giornata di vacanza), del sempre efficente Craig T. Nelson e di una bellissima Connie Nielsen.
Grazie alla partecipazione dei due grandi attori e al sostanzioso budget corrisposto dal produttore Arnon Milchan e della sua Regency Enterprises, il successo del film era pressocchè garantito. 155 milioni di dollari al botteghino e un generale consenso positivo da parte della critica.

Grazie al suo record personale di 64 cause vinte e nessuna persa, l’arrogante ma eccellente avvocato Kevin Lomax, proveniente dalla piccola realtà di Gainesville in Florida, viene contattato dai dipendenti del prestigioso studio legale di John Milton, di New York City. Lomax, assieme alla bellissima e giovane moglie Mary Ann, si trasferisce dunque nella Grande Mela, dove vengono accolti a braccia aperte sia dal potente Milton che dai futuri colleghi del giovane avvocato. l'avvocato del diavolo_3Mentre Lomax inizia subito a dimostrare le sue straordinarie capacità legali, Mary Ann resta a casa senza lavoro occupandosi di gestire le spese e l’arredamento del suo nuovo enorme appartamento, sempre nella torre di cristallo di Milton. A mano a mano che il tempo passa, la giovane donna, inizia però a restare sempre più isolata a causa del tanto lavoro di suo marito, il quale nel frattempo è sempre più attratto dalla sua collega Christabella. Mary Ann viene avvicinata dalle mogli dei colleghi di Lomax che la convincono a cambiare continuamente gli oggetti in casa e una sera, durante una cena di lavoro, lo stesso Milton la convince a cambiare anche il proprio look. Grazie a questi stratagemmi, Lomax e Mary Ann, vengono progressivamente allontanati l’uno dall’altra, e mentre il primo giustifica la cosa con il duro lavoro ripagato da molti soldi, la donna inizia a perdere il contatto con la realtà fino a litigare con il marito e poi ad essere anche ricoverata. A New York, visto il complicarsi della situazione, giunge Alice Lomax la madre di Kevin, che molto vicina alla chiesa si accorge subito che qualcosa non quadra: quando infatti Kevin gli presenterà Milton, il suo nuovo datore di lavoro, la donna intuisce che si tratta del diavolo in persona e che tutto ciò che sta passando suo figlio, crisi matrimoniale compresa, fa parte di un diabolico piano…

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L’Avvocato del Diavolo gode di una robusta sceneggiatura, figlia di un romanzo che non mancava di tensione e ricco di colpi di scena. Il salto di qualità è chiaramente una conseguenza di una elegante regia e della recitazione dei due ottimi attori (dove Reeves non sfigura davanti al solito schizzato Pacino), ma che non avrebbero reso questo intrigante thriller di 144 minuti così interessante se non fossero stati circondati da un ottimo cast a partire da una bravissima Charlize Theron (la quale si presta ad una scena di nudo integrale, ma che di erotico non ha proprio nulla). Ci sono tre elementi chiave che determinano la buona riuscita del film: un drammatico score diretto da James Newton Howard; il lavoro eccellente di Bartkowiak alla fotografia dove c’è una New York d’inverno e in cui si alternano brillantemente colori caldi e freddi; infine la fatica di Bruno Rubeo alla scenografia. Il film di Hackford può vantare di numerosi punti di forza ed è difficile trovare i difetti seppur si ha l’impressione di avvertire la presenza di qualcosa che non torna. Probabilmente lo strizzare l’occhio a Paradiso Perduto e l'avvocato del diavolo_4alla Divina Commedia, forse l’horror non così esplicito, forse la furberia a mescolare erotismo e suspence fino all’inevitabile scontro finale, potrebbero essere indici di quel senso di commercializzazione di un prodotto ben studiato a tavolino, ma è davvero troppo poco per stabilire una percentuale massiccia di negatività in una pellicola così ben riuscita. Dopo vent’anni, L’Avvocato del Diavolo si conferma ancora come un ottimo thriller paranormale che può affiancarsi a quel suo parente così lontano e così vicino di Rosemary’s Baby (1968) di Roman Polanski. Da riscoprire.

★★★★☆

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