Siamo nel periodo a cavallo fra il 1990 e il 1991 quando lo sceneggiatore amico di Spielberg, Hal Barwood venne ingaggiato dalla LucasArts per ideare una storia completamente nuova ma non per un film (come lo si capisce dalla casa di produzione) bensì per un videogame. A quell’epoca, il trio Lucas-Spielberg-Ford non avevano infatti una storia degna per un quarto film. Tale affermazione si rivelò un rimpianto negli anni successivi, poichè il videogame “Indiana Jones and the fate of Atlantis” si rivelò non solo un successo di vendite ma anche una storia molto efficace. Quando quindici anni dopo entrò in lavorazione il vero quarto film di Indy, molti fan rimasero delusi dalla decisione di virare su un altro argomento e i risultati ce li ricordiamo tutti.
Il quarto film di Indiana Jones, che in teoria sarebbe dovuto uscire nel 1992, quindi divenne un videogame di successo e questo anche perchè gli impegni di Harrison Ford erano già molti (A proposito di Henry, Giochi di potere, Il fuggitivo). Fu così che i produttori esecutivi George Lucas e Rick McCallum – questo dopo l’abbandono di Robert Watts – diedero il via alla creazione di uno show televisivo composto da circa 70 episodi temporalmente distribuiti fra il 1905 e il 1992. Tuttavia i bassi ascolti fecero sì che del numero iniziale di storie ne vennero girate solamente 31 distribuite in 2 stagioni e con l’aggiunta di 4 lungometraggi televisivi andati in onda nel 1996 (inediti in Italia). Qualora si fosse andati avanti con una terza stagione gli spettatori avrebbero potuto fare la conoscenza di personaggi come Abner Ravenwood e un giovane Renè Belloq e di avventure riguardanti il teschio di cristallo: ovviamente non essendo mai stata partorita, quest’ultima storia sarà recuperata molti anni dopo per il quarto capitolo della saga principale.
Sebbene sia stato concepito come un universo espanso dell’iconico archeologo, questa serie tende più a mostrare come il personaggio di Lucas sia diventato un uomo più che raccontare avventure e disavventure con i classici trabocchetti nascosti fra i meandri di tunnel abbandonati. Lucas quindi voleva mostrare la crescita del suo amato personaggio in base agli incontri e alle esperienze in generale. Fu probabilmente questo uno dei motivi che spinsero River Phoenix a non accettare di nuovo il ruolo dopo la sua breve apparizione ne “L’ultima crociata” (1989). Il diniego di Ford invece, oltre ai suddetti impegni fu motivato dallo scarso interesse nei confronti dell’attore verso il piccolo schermo: tuttavia lo stesso Ford apparirà in uno degli episodi della serie.
Per il ruolo principale, ossia un Indiana Jones ventenne venne scelto l’attore sconosciuto Sean Patrick Flanery, mentre il veterano George Hall venne ingaggiato per il ruolo dell’archeologo ai giorni nostri (1992 si intende): quest’ultima scelta si rivelò uno dei pochi punti di forza della serie perchè il Jones di Hall era un personaggio assai diverso dall’avventuriero. L’attrice Margaret Tyzack venne selezionata per interpretare Mrs. Helen Seymour, la tutrice del ragazzo. Ronny Coutteure venne scelto per il ruolo del cuoco belga Remy Baudouin mentre il ruolo di Henry Jones Sr. fu destinato a Lloyd Owen.
Nel corso della serie appariranno anche molti volti noti: Paul Freeman, che interpretò Renè Belloq nel primo film torna qui ma nelle vesti di un altro personaggio; Christopher Lee, Ian MacDiarmid, Anthony Daniels, Lukas Haas, Daniel Craig, Catherine Zeta Jones, Max Von Sydow fra i nomi più importanti.
Pur essendo un prodotto di qualità – considerando che alle varie sceneggiature abbiano lavorato circa 65 autori inglesi – e sebbene abbia vinto diversi premi, lo show venne interrotto per i bassi ascolti e per molteplici motivi. Flanery era costretto a dover modificare di volta in volta l’acting per le richieste dei registi che si alternavano per ciascun episodio creando quindi confusione nella genesi del Professor Jones che tutti noi conosciamo; il “coming of age” in sostanza funziona a sprazzi e le storie sono più fumo che arrosto, la sorte di molti classici telefilm negli anni ’90 (MacGyver, Highlander).
Resta un rimpianto e, con molta probabilità rappresenta il secondo passo falso dell’antologia del personaggio di Lucas, ovviamente prima del mediocre quarto capitolo: rimpianto perchè Flanery riuscì a donare al suo Indiana Jones l’umanità e la vulnerabilità che lo rendono autentico, questo anche un pò a differenza del lavoro richiesto a Ford nel corso degli anni ottanta, quelli della trilogia per intenderci. Purtroppo il continuo cambio di attori per interpretare il personaggio principale, questo perchè a causa del cambio di data di ciascuna storia, non aiuta lo spettatore ad amarlo.
È probabile che questo titolo possa andare a terminare nel calderone dei “grandi dimenticabili” assieme ai discutibili “Storie Incredibili” di Spielberg e la seconda fase di “Ai confini della realtà“.